Celebrazione ecumenica a Valencia (Spagna)
(6 novembre 2024)
PARTECIPAZIONE ECUMENICA
ALLA PREGHIERA SACERDOTALE DI GESÙ
Ci siamo riuniti in chiesa per questa celebrazione ecumenica, per pregare per l’unità dei cristiani. Torniamo così all’inizio del movimento ecumenico. Il movimento ecumenico prese avvio con l’introduzione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, essa stessa un’iniziativa ecumenica. Uno degli appassionati pionieri dell’ecumenismo spirituale, l’abbé Paul Couturier, paragonò il movimento ecumenico a un monastero invisibile in cui i cristiani di diverse chiese in diversi paesi e continenti pregano insieme per la ricomposizione dell’unità dei cristiani. Fin dall’inizio, il movimento ecumenico si presentò come un movimento di preghiera. Fu la preghiera per l’unità dei cristiani ad aprirgli la strada, come ha sottolineato Papa Benedetto XVI con questa vivida immagine: “La barca dell’ecumenismo non sarebbe mai uscita dal porto se non fosse stata mossa da quest’ampia corrente di preghiera e spinta dal soffio dello Spirito Santo.”[1]
La preghiera per l’unità dei discepoli
Quando preghiamo qui in chiesa in comunione ecumenica per l’unità dei cristiani, ci spingiamo persino oltre l’inizio storico del movimento ecumenico e ci riuniamo in spirito nel Cenacolo di Gerusalemme, dove Gesù pregò prima della sua passione e morte per l’unità dei discepoli “affinché tutti siano una cosa sola”. Egli aggiunse: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola” (Gv 17,20). Con questa preghiera, Gesù rivolgeva il suo sguardo oltre la comunità dei discepoli di allora e abbracciava anche la futura comunità di credenti, la Chiesa e, quindi, pure la nostra comunità di preghiera, oggi.
Nella preghiera sacerdotale di Gesù, mi colpisce sempre il fatto che il Signore non comandi ai suoi discepoli l’unità, né la esiga da loro, ma preghi per loro rivolgendosi personalmente al Padre. Nella preghiera di Gesù, che comprende già la nostra situazione attuale, possiamo dunque individuare al meglio in cosa consiste e deve consistere profondamente la ricerca ecumenica dell’unità alla luce della fede. Poiché l’unità dei discepoli di allora e della Chiesa di oggi era la preoccupazione centrale della preghiera di Gesù, l’impegno ecumenico non può che essere l’adesione di tutti i cristiani alla preghiera del Signore, facendo nostro il suo intimo desiderio. Se l’ecumenismo non è semplicemente una questione filantropica, puramente interpersonale, ma ha veramente una ragione e un fondamento cristologici, esso non può essere altro che la nostra partecipazione alla preghiera sacerdotale di Gesù. La preghiera di Gesù è il luogo interiore della nostra unità. Saremo dunque una cosa sola quando aderiremo tutti insieme alla preghiera di Gesù. Quando ci riuniamo in chiesa per pregare per l’unità dei cristiani, rispondiamo nel modo più profondo alla volontà del nostro unico Signore.
La preghiera per l’unità dei cristiani è e rimane anche oggi il segno distintivo di ogni sforzo ecumenico. Non può quindi esistere un ecumenismo che non sia radicato nella preghiera e che da essa non tragga la sua forza, come ci ricorda sempre Papa Francesco: “L’impegno ecumenico risponde, in primo luogo, alla preghiera dello stesso Signore Gesù e si basa essenzialmente sulla preghiera.”[2]
Perché è così? Pregando per l’unità, esprimiamo la nostra convinzione di fede secondo cui l’unità della Chiesa non può essere raggiunta soltanto, o principalmente, attraverso i nostri sforzi ecumenici, per quanto urgenti e necessari essi siano. E confessiamo umilmente che noi uomini non possiamo realizzare l’unità da soli, né possiamo deciderne la forma e i tempi. Noi cristiani siamo in grado di produrre divisioni, come dimostra la storia passata e purtroppo anche il presente. L’unità, invece, noi possiamo solo riceverla in dono dallo Spirito Santo, che è la fonte e il principio vitale della vera unità. La preghiera per l’unità ricorda a noi cristiani che non tutto è fattibile tramite i nostri sforzi ecumenici, e che dobbiamo lasciare spazio all’opera non-manipolabile dello Spirito Santo, fidandoci di lui almeno tanto quanto ci fidiamo dei nostri sforzi ecumenici.
Il modo migliore per ricevere l’unità come dono dello Spirito Santo è la preghiera per l’unità. Sapendo nella fede che l’unità è prima di tutto un dono dello Spirito di Dio per il quale dobbiamo pregare incessantemente, prendiamo anche coscienza della nostra responsabilità nel preparare le condizioni necessarie e, in particolare, nel coltivare il terreno del nostro cuore per accogliere il dono dell’unità. La centralità della preghiera per l’unità ci fa capire che il lavoro ecumenico è soprattutto un compito spirituale, che intraprendiamo nella convinzione che lo Spirito Santo porterà a compimento l’opera ecumenica che ha iniziato e ci indicherà la strada. Per questo, il Decreto del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo, “Unitatis redintegratio”, ha definito l’ecumenismo spirituale “l’anima di tutto il movimento ecumenico”.[3]
L’unità al servizio della missione credibile
Solo in questo atteggiamento spirituale di base ci rendiamo anche conto che la preghiera per l’unità è una fondamentale questione di fede cristiana. Ciò traspare con evidenza anche dalla preghiera sacerdotale del Signore. Gesù, infatti, prega per l’unità dei suoi discepoli con una specifica intenzione: “affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Questa proposizione finale – “affinché” - esprime il vero senso della preghiera di Gesù: l’unità dei discepoli di Gesù non è fine a se stessa, ma deve servire alla credibilità della sua missione. Infatti, lo scopo della preghiera di Gesù per l’unità è che, attraverso l’unità visibile dei discepoli, egli stesso sia legittimato come Figlio del Padre.
Anche questo scopo venne già percepito all’inizio del movimento ecumenico, ovvero durante la Prima Conferenza Missionaria Mondiale di Edimburgo, in Scozia, nel 1910. I partecipanti si trovarono davanti allo scandalo della concorrenza che le varie Chiese cristiane si facevano nell’opera missionaria, danneggiando così l’annuncio credibile del Vangelo, soprattutto nelle altre culture straniere, dove portavano, insieme al Vangelo di Gesù Cristo, anche le divisioni nella Chiesa in Europa. I partecipanti presero coscienza del fatto doloroso che la mancanza di unità tra i cristiani metteva a rischio la credibilità della testimonianza cristiana nel mondo. Da Edimburgo in poi, la sinfonia tra missione e unità dei cristiani costituisce quindi una dimensione essenziale dell’impegno ecumenico.
All’inizio, il movimento ecumenico non fu solo un movimento di preghiera, ma fu anche un movimento missionario. Esso può abbracciare entrambe le dimensioni in modo credibile solo se è anche un movimento di conversione. Ciò che questo significa in termini concreti può essere probabilmente illustrato nella maniera più eloquente da un episodio della storia di amicizia spirituale tra San Francesco d’Assisi e Santa Chiara. Quando essi vollero rivedersi, si incontrarono vicino a un ruscello, su sponde opposte. Poiché il ruscello era troppo largo per essere attraversato, decisero di camminare a ritroso su entrambi i lati fino alla sorgente, verso il punto in cui il ruscello diventava più piccolo e più stretto. Arrivati alla sorgente, essi poterono facilmente ricongiungersi e celebrare la loro amicizia spirituale.
Anche l’ecumenismo cristiano può fiorire e avvicinarsi al suo obiettivo di unità solo se torniamo insieme alla fonte della fede, che possiamo trovare soltanto nella nostra fede comune in Gesù Cristo. In particolare, siamo invitati ad andare alla fonte nel prossimo anno, quando tutta la cristianità celebrerà il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico della storia della Chiesa, che si svolse a Nicea nel 325 e che, di fronte a enormi sfide, proclamò il credo secondo cui Gesù Cristo è vero uomo e vero Dio e quindi “consustanziale al Padre”.
Oggi, imparare a vedere nuovamente Gesù Cristo in tutta la sua grandezza e bellezza è l’imperativo del tempo ecumenico. Il 1700° anniversario del Concilio di Nicea sarà quindi un’occasione propizia per commemorare questo Concilio in comunione ecumenica e per proclamare la sua fondamentale confessione cristologica. Se ci convertiamo insieme a Gesù Cristo e cerchiamo con fervore quell’unità che è già data in Lui, risponderemo al meglio alla preghiera sacerdotale del Signore, che desiderava “che tutti siano una cosa sola”.
[1]. Benedetto XVI, Omelia per la celebrazione dei Vespri nella Festa della Conversione di San Paolo a conclusione della Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, il 25 gennaio 2008.
[2]. Francesco, Discorso ai partecipanti al Colloquio ecumenico di religiosi e religiose promosso dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, il 24 gennaio 2015.
[3]. Unitatis redintegratio, n. 8.