Il Vescovo Brian Farrell e l'ecumenismo come vocazione
S.E. Mons. Flavio Pace
Arcivescovo Segretario del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani
L’espressione più volte citata del filosofo Martin Heidegger Denken ist danken, che potremmo tradurre “pensare è ringraziare” viene fatta risalire ad una espressione del movimento pietista, nato nell’alveo della riforma protestante, per contrapporre o almeno affiancare al dogmatismo e al razionalismo di una corrente della teologia la valorizzazione della pietà interiore.
Non si intende qui entrare nel dibattito, quanto offrire in occasione della conclusione dell’Ottavario di preghiera per l’Unità dei cristiani un pensiero e una parola di ringraziamento ad un vescovo che ha offerto il suo generoso servizio al movimento ecumenico negli ultimi ventidue anni.
Lo faccio a nome mio personale, per l’accoglienza e i saggi consigli che mi ha offerto quando sono stato chiamato a succedergli come Segretario del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ma anche facendomi voce di tanti partner nel dialogo ecumenico che in questi mesi ho avuto la gioia di incontrare e con i quali ho iniziato a collaborare, e che sempre mi hanno chiesto come stesse e di portare i loro saluti a Mons. Brian Farrell, esprimendo la loro riconoscenza per il modo in cui si è sempre posto, favorendo la comunione, contribuendo a sciogliere le tensioni che si fossero create, e favorendo l’avvio di possibili nuovi percorsi.
Mons. Brian è stato chiamato a servire l’allora Pontificio Consiglio nel dicembre del 2002 ed ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 gennaio 2003: gli è stata assegnata una sede titolare molto bella, quella di Abitine. Non è chiara la sua localizzazione nell’attuale Tunisia, ma la ricordiamo per i martiri di quella città passati alla storia per l’affermazione “sine dominico non possumus”, che si può interpretare come “non possiamo vivere senza il giorno del Signore” che era il giorno della sinassi eucaristica, con la proclamazione della Parola e la fractio panis. Partendo dal suo essere sacerdote prima e vescovo, celebrando l’Eucarestia, è cresciuta in Mons. Brian la consapevolezza che “non posso vivere senza promuovere il dialogo e l’incontro tra i credenti in Cristo”. Lo scrivo partendo da quanto egli mi ha confidato durante i primi nostri dialoghi: “l’ecumenismo è una vocazione”. La biografia di Mons. Farrell lo può confermare: dopo gli anni di studio e di servizio all’interno della sua congregazione religiosa, egli ha servito nella Segreteria di Stato, e da lì è stato chiamato all’incarico di Segretario del Pontificio Consiglio, offrendo la propria collaborazione dapprima al Cardinale Walter Kasper e successivamente al Cardinale Kurt Koch. A loro ha offerto un servizio attento, sia nella gestione delle dinamiche del Dicastero, sia nel rapporto con le altre Istituzioni vaticane. Solo se si vive in ascolto della voce del Signore si può cogliere all’interno di un passaggio istituzionale all’interno della Curia Romana una nuova chiamata a seguire il Maestro e dedicarsi con slancio e generosità a quanto ti è stato chiesto attraverso la volontà del Santo Padre. Chi ha ascoltato Mons. Farrell in qualche intervento o soprattutto ha avuto l’opportunità di parlarci personalmente, si è accorto di quanto gli si illumini lo sguardo quando parla del presente del dialogo ecumenico, non nascondendo i problemi, ma lasciando sempre aperto uno spiraglio e dando una possibilità anche nei contesti oggettivamente più tesi. Quello sguardo è segno di un cuore che continua ad ardere, e anche quando vi è molta cenere intorno non lascia che essa soffochi la brace che vi sta sotto: è il calore che promana dalla preghiera di Gesù nell’Ultima Cena e che è diventato il titolo dell’Enciclica di San Giovanni Paolo II: Ut unum sint!
È certamente vero che all’interno di ogni servizio ecclesiale, compreso quello nella Curia Romana, si deve vivere la spiritualità del vangelo di Luca “Siamo inutili servi, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”, ma credo che sia anche molto umano e cristiano essere capaci di riconoscenza nei nostri ambienti, di un pensiero che sa riconoscere e ringraziare, e per questo è giusto rivolgerlo a Mons. Farrell per quello che ha rappresentato e continuerà a rappresentare per il dialogo tra tutti i fratelli e le sorelle in Cristo.
L’Osservatore Romano, 25 gennaio 2025