Essere amati da Dio per l’eternità

Commemorazione di Papa Benedetto XVI

 

Omelia per la commemorazione di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI
nel secondo anniversario della sua morte

 

Basilica di San Pietro a Roma, 31 dicembre 2024

 

Nel secondo anniversario della scomparsa di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, ci siamo riuniti nella Basilica di San Pietro per celebrare la Santa Messa e per includere nelle nostre preghiere in modo speciale colui che è tornato alla casa dal Padre Celeste, ricordandolo con gratitudine per la sua vita e per la sua opera.

Joseph Ratzinger ha visto la luce del mondo terreno il Sabato Santo del 1927. Il fatto che la sua vita sia stata “così immersa nel mistero pasquale fin dal principio” lo ha sempre riempito di gratitudine; “perché questo poteva essere solo un segno di benedizione.” Ed egli ha ravvisato nel mistero del Sabato Santo “l’essenza della nostra vita umana”, “che attende ancora la Pasqua, non è ancora in piena luce, e tuttavia si avvia con fiducia verso di essa”[1]. Benedetto XVI è entrato pienamente nella luce del mistero pasquale, nel giorno della sua seconda nascita, la nascita alla vita eterna, nel 2022 durante il periodo natalizio che gli è sempre stato tanto caro.

Dio ha fatto sì che la cornice biografica della vita di Joseph Ratzinger fosse inscritta nella storia della salvezza. Naturalmente ciò vale ancora di più per la sua vita interiore e spirituale, tutta dedicata al mistero della fede cristiana. Di tale mistero egli ha vissuto, annunciandolo con fede vigorosa e rendendolo a noi oggi accessibile con la sua chiarezza teologica.

È una bellissima coincidenza che la liturgia di Capodanno della nostra Chiesa includa il prologo del Vangelo di Giovanni. In questo canto di lode al Logos, al Verbo che era presso Dio ed era Dio, si condensa infatti il nucleo più profondo della fede cristiana. Joseph Ratzinger – Benedetto XVI lo ha rispecchiato e lo ha rivelato a noi durante tutta la sua vita. Nella sua riflessione teologica egli è sempre partito dalla Parola di Dio, così come essa è presentata nelle Sacre Scritture e così come percorre il cammino storico nella tradizione della Chiesa. Nella Parola del Dio vivente Ratzinger ha trovato la verità a cui gli uomini anelano nell’intimo del loro cuore.

Tramite la sua costante attenzione e il suo costante orientamento verso la verità della Parola di Dio, Papa Benedetto XVI ci ha mostrato in modo convincente qual è il senso della vita umana. Ciò che l’evangelista Giovanni chiama “Logos” può essere infatti tradotto anche con “Senso”; “In principio era il Senso, e il Senso era presso Dio, e il Senso era Dio”. Questo ci offre la risposta decisiva alla domanda che riguarda gli uomini di tutti i tempi: in cosa consiste il senso della nostra vita e del mondo. Se il senso è Dio stesso, allora il senso può esserci soltanto dato, donato, ovvero può esserci donato come grazia.

Questo “Logos”, questo “Senso” di Dio è rimasto fermamente al centro della vita e dell’opera di Papa Benedetto XVI. Ma questo Logos non è astratto, non è pura teoria; il Vangelo dice che questo Logos si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. La Parola di Dio ha quindi un volto concreto; ci guarda e ci dona valore, un valore su cui si fonda la più alta dignità di noi uomini. Ed è per tale motivo che questo volto ha un nome; si chiama Gesù di Nazareth, Emmanuele, “Dio con noi”. In Lui Dio stesso ha mostrato il suo vero volto e ha donato tutto il suo amore per noi uomini.

È dunque facile comprendere perché, per Benedetto XVI, il Logos, la Parola di Dio, sia profondamente legato all’amore: Dio stesso è amore - “Deus caritas est”. La vera ragione per cui l’ultima parola nella vita umana non potrà mai avercela la “morte” risiede nell’amore di Dio; è a questo amore che spetta l’ultima parola. Noi esseri umani non possiamo dunque scomparire o annientarci nella morte, perché Dio conosce le sue creature e le ama. Lo stesso amore umano vuole l’eternità, è concepito per essere indistruttibile ed è, per così dire, un grido rivolto all’infinito. Ma l’amore umano non può da solo offrire tale eternità. È l’amore sconfinato e infinito di Dio che non solo vuole l’eternità per ogni uomo, ma opera l’eternità ed è lui stesso eternità.

È l’amore di Dio che rende noi uomini eterni, e questo amore donatore di vita eterna è ciò che chiamiamo “paradiso”. Essere in paradiso significa stare con il Dio vivente per l’eternità e potersi muovere nel mare infinito del suo amore. Il cielo contiene infatti, come dice Papa Benedetto XVI in maniera molto bella, la consolante promessa: “che Dio è abbastanza grande da avere spazio anche per noi umili”[2].

Se c’è spazio per noi in Dio, allora c’è spazio anche per tutti gli altri uomini in cielo. Se paradiso significa vita nel Cristo innalzato e perfetto, allora il paradiso include anche tutte le persone che formano l’unico Corpo di Cristo e che non sono semplicemente una accanto all’altra in cielo, ma sono il paradiso l’una insieme all’altra e tutte in comunione con Cristo. Per Papa Benedetto, il cielo è dunque una realtà fondamentale di comunione: “Il cielo non conosce isolamento; è la comunione aperta dei santi e quindi anche il compimento di ogni convivenza umana, che non è competizione, ma conseguenza dell’essere puramente aperti al volto di Dio.”[3]

È quindi evidente che la confessione di fede cristiana nella vita eterna non è altro che la confessione che Dio è davvero reale. Porre Dio al centro dell’attenzione è stato l’obiettivo principale di Papa Benedetto XVI. In un’epoca in cui Dio è spesso percepito come estraneo e superfluo e noi soffriamo di una certa debolezza di udito o addirittura sordità verso Dio, Papa Benedetto XVI ci ha ricordato che è giunto il momento di pensare a Dio. Per il credente teologo sulla Cattedra di Pietro, non poteva esserci priorità maggiore che aiutare gli uomini di oggi ad avvicinarsi a Dio, alla sua verità e alla sua bellezza. Questa centralità di Dio costituisce l’eredità duratura della sua teologia, che egli ha sempre preso molto seriamente, in quanto la realtà vivente di Dio ne è il tema centrale.

Chi dice Dio dice anche vita eterna. Perché Dio rende partecipe di sé, della sua eternità chiunque ama. La confessione di fede in Dio porta automaticamente alla fede nella vita eterna. Infatti, se non ci fosse una risposta alla ricerca di Dio da parte dell’uomo, la morte alla fine rimarrebbe un enigma crudele. Ma se Dio è davvero reale, ed è il Dio che si è fatto uomo a Natale e che in questo uomo ci ha mostrato il suo volto, allora esiste la vita eterna e la morte non è la fine, ma il passaggio al Dio vivente.

Per la fede cristiana, la vita eterna non inizia solo dopo la morte, ma inizia già adesso nella nostra vita terrena, quando viviamo alla presenza di Dio, per così dire faccia a faccia con Dio. Il momento più profondo e bello della nostra vita ci viene donato con la celebrazione della Santissima Eucaristia. Come “pharmakon athanasias”, come “medicina per l’immortalità”, essa ci offre, nel mezzo della nostra vita, un’esperienza preliminare della vita eterna. È già Parusia, venuta del Signore, e insieme anticipazione del momento in cui finalmente e definitivamente arriveremo da Lui.

Questo già e non ancora è espresso in modo molto profondo e bello nell’inno eucaristico “Adoro te devote”, che risale a San Tommaso d’Aquino: “Oh Gesù, che velato ora ammiro, prego che avvenga ciò che tanto bramo, Che, contemplandoTi col volto rivelato, a tal visione io sia beato della tua gloria.” Per Papa Benedetto XVI, questo anelito eucaristico ha già trovato compimento nel momento in cui gli è stato concesso di prendere parte al banchetto delle nozze celesti nella comunione dei santi e di pronunciare incessantemente quella che è stata la sua ultima parola nella vita terrena: “Signore, ti amo”.

Ma noi, che viviamo ancora nel cortile antistante l’eternità, uniamo la nostra gratitudine per la vita e per l’opera di Papa Benedetto XVI alla grande preghiera di ringraziamento della Chiesa, nell’Eucaristia, che celebriamo speranzosi che ci venga rivelato quello splendore nascosto che l’evangelista Giovanni ha indicato come vero mistero del Natale e che Papa Benedetto XVI ha testimoniato con la sua vita: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).

 

 

 

 

[1] J. Kardinal Ratzinger, Aus meinem Leben. Erinnerungen (1927-1977) (Stuttgart 1998) 8.
[2] J. Ratzinger, Ein Hymnus auf den Leib und auf die Zukunft. Mariä Himmelfahrt 1968, in: Ders., Auferstehung und ewiges Leben = Gesammelte Schriften. Band 10 (Freiburg i. Br. 2012) 645-649, zit. 648.
[3] J. Ratzinger, Eschatologie – Tod und ewiges Leben (Regensburg 1977) 191.