Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah

Apertura della mostra “Sotto lo stesso cielo”

Ferrara il 13 ottobre 2022

 

Kurt Cardinale Koch

 

“Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme”, così leggiamo nel primo versetto del Salmo 133. Anche se, nella stesura del Salmo, in origine il termine “fratelli” si riferiva esclusivamente agli appartenenti al popolo d’Israele, oggi, dopo che Papa Giovanni Paolo II ha chiamato gli ebrei i fratelli maggiori dei cristiani, possiamo parlare di ebrei e cristiani come di una comunità, una comunità di fratelli e sorelle. Apparteniamo gli uni agli altri per quanto riguarda i fondamenti essenziali della fede nel Dio d’Israele, e siamo uniti da un ricco patrimonio spirituale comune, perché possiamo guardare a un lungo passato comune. Il cristianesimo ha le sue radici nell’ebraismo; quest’ultimo costituisce il nucleo della sua identità. Gesù è e rimane un figlio del popolo d’Israele, egli è segnato da questa tradizione e, pertanto, può essere compreso solo a partire da tale orizzonte culturale e religioso.

Il tema di oggi è quello della festa ebraica di Sukkot, una festa che ha le sue radici nella Sacra Scrittura che abbiamo in comune. Anche se ebraismo e cristianesimo guardano alla Scrittura con occhi diversi e l’interpretano di volta in volta sotto una luce differente, siamo uniti però da una stessa concezione secondo la quale la Scrittura racchiude la rivelazione di Dio a noi esseri umani. Dio è solidale con il suo popolo e lo accompagna attraverso i secoli, quali che siano le circostanze esterne. Questa promessa fatta da Dio alla sua creazione e al suo popolo è celebrata nelle festività, per consentire al popolo di proseguire il suo cammino con rinnovata fiducia.

Vorrei qui introdurre con gioia la mostra dedicata al tema di Sukkot – o “festa delle capanne”: questo periodo di sette giorni ricorda il periodo di quarant’anni in cui il popolo ebraico, appena fuggito dall’Egitto, si trovò a vivere nel deserto in capanne fatte con tetti di frasche, e ricorda così la protezione divina accordatagli. Tutte le feste ricordano un’origine favorevole, la riportano al presente e la prolungano nell’avvenire; ma le feste ebraiche hanno a che fare, specificatamente, con la storia dell’amore di Dio per il suo popolo d’Israele. Anche se l’origine di Sukkot è probabilmente legata all’ambiente agrario dei primi tempi, il significato della festa si è però presto incentrato sulla permanenza e sulla sopravvivenza del popolo d’Israele nel deserto grazie alla provvidenza del Cielo.

L’esposizione di queste splendide tavole all’interno della mostra sulla festa di Sukkot ci permette di riflettere su quei valori universali che ci vengono ricordati proprio dalla costruzione delle capanne, come l’accoglienza, la condivisione, l’importanza dell’ambiente, concetti che, indicati negli antichi testi sacri, sembrano pensati per l’oggi.

L’Abbazia di Praglia, istituzione da cui provengono le opere, ha una storia di rapporti non casuali con il mondo ebraico: oltre all’incontro quotidiano con le Scritture, che porta a un confronto con chi ne condivide i percorsi, vi è la presenza fisica di un fondo librario di 250 testi religiosi ebraici databili fra il XVII e il XIX secolo, donati dal Professor Levi-Cases affinché lì venissero conservati con la cura che meritavano. Il Professor Levi-Cases conosceva bene l’Abbazia: vi era infatti rimasto nascosto fra il 1943 e il 1945. Ecco allora che ritorna l’accoglienza e la condivisione, così come la fratellanza. La presenza qui, in un museo ebraico, di queste tavole ebraiche trovate in un monastero benedettino è un buon esempio di collaborazione tra ebrei e cattolici, del dialogo ebraico-cattolico.

La costruzione della Sukkah, della capanna, in sé, è carica di significati. Si pensi all’attenzione prestata alla scelta delle coperture: ogni pianta indica a sua volta una parte del corpo e un individuo con certe caratteristiche in relazione agli altri; questo simbolismo chiarisce bene il legame fra ambiente, individui e collettività, dove le differenze si ritrovano, appunto, sotto un unico tetto. Non è un caso che il titolo della mostra sia “Sotto lo Stesso Cielo”. Ecco, la mostra ci permette di riflettere su tutti questi elementi, oltre ad offrirci la possibilità di fruire della bellezza di queste opere d’arte e di approfondire la nostra reciproca conoscenza e il nostro dialogo.

Questa mostra è infatti un progetto del dialogo tra ebrei e cristiani. I cristiani dovrebbero continuare ad approfondire la loro conoscenza dell’ebraismo, e gli ebrei quella del cristianesimo. Nel campo dell’educazione e della formazione, in particolare delle giovani generazioni, non dobbiamo mai tralasciare questo aspetto, ovvero la necessità di conoscerci meglio gli uni gli altri. I pregiudizi nascono solo quando l’altro rimane estraneo e inaccessibile. Per questo, accolgo con favore la vostra iniziativa, alla quale esprimo i miei migliori auguri, invocando la benedizione del nostro Dio che sempre ci assicura la sua presenza e il suo aiuto. Con grande gioia porto anche il saluto del Santo Padre Papa Francesco, che mi ha incaricato di partecipare in suo nome all’apertura della mostra.