Breve omelia in memoria di Papa Benedetto XVI
presso la sua tomba nella cripta della Basilica di San Pietro

(28 giugno 2023)

 

SANTIFICARE IL NOME DI DIO NELLA SEQUELA DI CRISTO

 

 

I nomi svolgono un ruolo importante nella vita umana. Anche prima della nascita di un bambino, i genitori pensano al nome che vogliono dare al neonato e a quali prospettive di vita associano a quel nome - secondo il famoso detto “Nomen est omen”. Il nome ricevuto nel battesimo ci accompagna per tutta la vita. Siamo chiamati con il nostro nome, siamo identificabili e appellabili con il nostro nome, e con il nostro nome dobbiamo apporre la nostra firma personale. E certamente vogliamo essere tra coloro che hanno un buon nome.

Data l’importanza fondamentale del nome nella vita umana, nasce la domanda se anche Dio abbia un nome. Al riguardo, possiamo osservare un duplice sviluppo nella Sacra Scrittura: da un lato, Dio ha molti nomi, ma il numero dei nomi diventa sempre meno rilevante. Dall’altro lato, cresce la consapevolezza, nella fede, che Dio abbia un nome. Lo sviluppo teologicamente più ampio lo riscontriamo nel vangelo odierno, nelle parole che Gesù rivolge al Padre celeste: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere” (Gv 17,26 a). Gesù accenna con ciò al punto nevralgico della sua missione divina nel mondo. E appare così come il nuovo Mosè, che approfondisc la missione del primo Mosè, ovvero annunciare il nome di Dio.

Il vangelo odierno ci invita a riflettere su cosa significhi per la nostra vita cristiana il fatto che Dio abbia un nome. In risposta a questa domanda, Papa Benedetto XVI, già nella sua lezione inaugurale all’Università di Bonn nel 1959, aveva osservato in maniera pregnante: “Quando Dio si dà un nome tra gli uomini, non esprime realmente con esso la sua essenza; piuttosto fa in modo di poter essere chiamato, diventa accessibile all’uomo, entra in relazione di coesistenza con lui, e permette all’uomo di coesistere con lui.”[1] Come noi uomini siamo chiamati con il nostro nome, così noi credenti possiamo anche invocare il nome di Dio, nella consapevolezza permessa dalla fede che Dio può essere chiamato con il suo nome. Secondo quanto affermato dalle Sacre Scritture, naturalmente non siamo noi uomini a dare un nome a Dio creando la possibilità di chiamarlo. Piuttosto, Dio può essere invocato solo perché si lascia invocare; e il suo nome ci è noto solo perché Dio stesso lo ha fatto conoscere nel suo Figlio.

Ecco il nucleo più profondo della fede cristiana: il fatto che Dio abbia un nome e ci permetta di chiamarlo ha un fine concreto, espresso da Gesù con le seguenti parole: “perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Giovanni 17,26 b). Il fatto che Dio abbia un nome contiene un bellissimo messaggio: Dio ci dona la sua comunione; Dio ha una relazione personale con ogni individuo, nell’amore; Dio conosce ciascuno di noi personalmente e aspetta la nostra risposta personale. È chiaro allora che la nostra risposta deve essere una professione di fede nei suoi confronti.

Il luogo privilegiato per questa confessione è il culto divino in chiesa, dove preghiamo per la santificazione del nome di Dio e lo proclamiamo nel mondo. Per questo già le prime comunità cristiane non glorificavano semplicemente il nome di Dio in una cerchia familiare. Piuttosto, glorificavano il nome di Dio come Creatore e Redentore del mondo intero. La glorificazione cristiana del nome di Dio è quindi un’azione vicaria nel senso migliore della parola: nel suo culto divino, la Chiesa rende grazie e loda il nome di Dio da parte di tutta l’umanità, anche della muta creazione. Ad essa la Chiesa presta la sua voce per la lode di Dio e per la glorificazione pubblica del nome di Dio. Per questo Papa Benedetto XVI ha sempre sottolineato che la liturgia cristiana si celebra nella vastità del cosmo: “La liturgia cristiana è un evento cosmico - il creato prega con noi, noi preghiamo con il creato, e allo stesso tempo si apre la via verso la nuova creazione, attesa da ogni creatura.”[2]

“Sia santificato il tuo nome”: in questa preghiera del Padre Nostro, noi cristiani riassumiamo il mistero della fede secondo cui Dio ha un nome, e ci impegniamo sempre a glorificare il nome di Dio, qui nella liturgia e poi con la nostra vita. Papa Benedetto ci ha sempre ricordato che non c’è niente di più importante. E ce lo ricorda anche il santo di oggi, sant’Ireneo di Lione, che fu non solo insigne teologo ma anche martire credibile, impegnato nella santificazione del nome di Dio nella sua missione in Gallia. Invochiamo la sua intercessione affinché possiamo sempre unirci alla preghiera di Gesù e assumere così la nostra missione nel mondo di oggi: “Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12,28).

 

 

 

 

[1].       J. Ratzinger, Der Gott des Glaubens und der Gott der Philosophen. Ein Beitrag zum Problem der theologia naturalis (Neuauflage Leutesdorf 2004) 18
[2].       J. Ratzinger, Geleitwort zur koreanischen Ausgabe von „Der Geist der Liturgie“, in: R. Voderholzer – Ch. Schaller – F.X. Heibl (Hrsg.), Mitteilungen Institut Papst Benedikt XVI (2 / 2009) 53-55, zit. 54.