Conferenza presso l’Associazione Internazionale Carità Politica

Roma, 22 marzo 2023

LA VITA RELIGIOSA NEI PAESI BALTICI
DA UN PUNTO DI VISTA ECUMENICO

 

Da quando è scoppiata la terribile guerra voluta dalla Russia in Ucraina, anche gli Stati baltici di Estonia, Lettonia e Lituania sono sempre più al centro dell’attenzione pubblica. Nell’ipotesi realistica che il presidente russo Putin possa considerare anche gli Stati baltici come parte di un territorio della Grande Russia, in questi paesi è vivo il timore di un’invasione russa anche dei loro territori. Questa paura ha due motivi principali. Il primo è la posizione geografica, poiché i Paesi baltici confinano con la Polonia a ovest e con la Russia e la Bielorussia a est. Il secondo è storico, in quanto, durante l’occupazione dell’URSS, in questi paesi le generazioni precedenti hanno sperimentato orrori e crimini simili a quelli conosciuti oggi dal popolo ucraino. Nella sua conferenza stampa sul volo di ritorno da Tallinn (Estonia) nel settembre 2018, Papa Francesco ha definito la storia dei Paesi baltici “una storia di invasioni, di dittature, di crimini, di deportazioni”[1]. Papa Francesco aveva visitato questi stati in occasione del centenario della loro dichiarazione di indipendenza. Essi hanno raggiunto la loro indipendenza nel periodo tra le due guerre mondiali, e poi nuovamente nel 1991 dopo la fine dell’epoca terribile dell’occupazione sovietica.

1. La situazione confessionale nei diversi paesi

Ovviamente il mio compito questa sera non è parlare della situazione politica di questi paesi. Piuttosto, il Professor Luciani mi ha chiesto di riferire sulla vita religiosa e quindi anche ecumenica nei Paesi baltici. In ciascuno di essi la situazione naturalmente varia.

 

a) L’Estonia fu cristianizzata nel XIII secolo. Il paese abbracciò la Riforma nel 1524, prima di diventare ortodosso nel XVIII secolo, quando entrò a far parte dell’Impero russo. Oggi, su 1,5 milioni di abitanti, il 70% è senza religione. L’Estonia si presenta quindi - insieme alla Repubblica Ceca - come uno dei paesi più secolarizzati del mondo. Poiché nelle scuole pubbliche estoni non è previsto l’insegnamento della religione, l’analfabetismo religioso è diffuso e si può presumere che questa situazione segnerà l’Estonia anche in futuro.

Solo un terzo della popolazione professa il cristianesimo. Il primo posto è occupato dalla Chiesa evangelica luterana d’Estonia, a cui apparteneva l’82% della popolazione prima della prima guerra mondiale, ma che oggi comprende solo il 15-20%. Il numero esatto è difficile da definire, poiché, secondo l’Arcivescovo Urmas Viilma, capo della Chiesa evangelica luterana di Tallinn, solo coloro che fanno una donazione volontaria ogni anno sono considerati membri della Chiesa. Ciò significa che l’Estonia è ancora l’unico paese dell’ex blocco dell’Europa dell’est – insieme all’ex Repubblica Democratica Tedesca – a contare una maggioranza protestante.

Il 14% della popolazione professa la fede ortodossa, che è vissuta in due diverse Chiese: quella ortodossa di lingua russa (circa il 30%) sotto il Patriarcato di Mosca e quella degli estoni autoctoni (circa il 65%), che costituiscono la Chiesa autonoma sotto il Patriarcato di Costantinopoli. Soprattutto dopo la caduta dell’Unione Sovietica si sono verificate forti tensioni tra le due giurisdizioni ortodosse, in particolare dopo che il Patriarca Bartolomeo I, nel 1996, ha dichiarato la dipendenza canonica della Chiesa ortodossa d’Estonia dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Dopo l’aggressione della Russia in Ucraina, il governo dell’Estonia ha chiesto alla Chiesa ortodossa estone del Patriarcato di Mosca una dichiarazione contro la guerra.

La Chiesa cattolica conta solo 5.000 membri, ovvero lo 0,4% circa della popolazione totale. Dal 1999 esiste un accordo bilaterale tra la Santa Sede e la Repubblica di Estonia, che fornisce un quadro giuridico per la Chiesa cattolica.

Durante il suo viaggio apostolico in Estonia nel 2018, Papa Francesco ha preso parte a un incontro ecumenico con i giovani, alla presenza dell’Arcivescovo Urmas Viilma, capo della Chiesa evangelica luterana dell’Estonia, nella cattedrale di Tallinn.

 

b) In Lettonia, il cristianesimo fu introdotto principalmente nei secoli XI e XII da San Meinhard e successivamente dai missionari tedeschi. Nel XVI secolo, Riga fu una delle prime città ad abbracciare le idee riformatrici di Martin Lutero, e nel XVIII secolo i Moravian Brothers riformarono il cristianesimo in tutto il paese. Tradizionalmente, quindi, la Chiesa evangelica luterana è in maggioranza. Oggi circa il 24% della popolazione appartiene a questa Chiesa, caratterizzata da posizioni nette su questioni sociali come la famiglia e l’identità di genere, e su questioni dottrinali ecclesiastiche, cosa che ha creato tensioni tra di essa e la Federazione Luterana Mondiale, criticata dall’Arcivescovo Janis Vanags per aver assunto, a sua detta, posizioni sbagliate.[2] Ad esempio, il Sinodo di tale Chiesa ha cancellato la pratica dell’ordinazione delle donne e ha stabilito che l’ordinazione sia riservata esclusivamente agli uomini, con due terzi del sinodo laici e il quaranta per cento donne.

Oggi in Lettonia ci sono regioni protestanti, cattoliche e ortodosse, nessuna delle quali è dominante in termini numerici sulle altre. Circa il 22% della popolazione, ovvero circa 430.000 fedeli, sono cattolici che vivono in quattro diocesi soprattutto nel sud-est del paese.

La terza confessione è quella ortodossa. Gli ortodossi costituiscono approssimativamente il 19% della popolazione. La Chiesa ortodossa ha ricevuto dal Patriarca Aleksiy un decreto di autonomia all’interno del Patriarcato di Mosca. A causa della guerra della Russia contro l’Ucraina, lo Stato lettone ha approvato una legge che prevede il pieno riconoscimento dello status autonomo e indipendente della Chiesa ortodossa lettone. Questa legge è di particolare importanza perché qui, per la prima volta, l’autocefalia di una Chiesa ortodossa è stata concessa direttamente dal potere politico. Mentre il Vescovo ortodosso Aleksandr di Riga e di tutta la Lettonia ha espresso il suo consenso fondamentale su questa legge, il Patriarcato di Mosca l’ha interpretata come una continuazione delle persecuzioni del XIX secolo contro la comunità ortodossa in Lettonia.

Durante il suo viaggio apostolico in Lettonia nel settembre 2018, Papa Francesco, insieme all’Arcivescovo evangelico luterano Janis Vanags e al Metropolita ortodosso Aleksandr, ha presieduto una preghiera ecumenica nella cattedrale luterana di Riga, e ha lodato lo spirito ecumenico del paese, affermando: “Sono lieto di potermi incontrare con voi, in questa terra che si caratterizza per realizzare un cammino di rispetto, collaborazione e amicizia tra le diverse Chiese cristiane, che sono riuscite a generare unità mantenendo la ricchezza e la singolarità proprie di ciascuna. Oserei dire che è un ‘ecumenismo vivo’ e costituisce una delle caratteristiche peculiari della Lettonia. Senza alcun dubbio, un motivo di speranza e rendimento di grazie.”[3]

 

c) Tra i Paesi baltici, la Lituania è quello con la popolazione più omogenea in quanto circa l’85% degli abitanti si identificano come lituani, il 6,5% come polacchi e il 5% come russi. L’80% della popolazione appartiene alla Chiesa cattolica, organizzata in sette diocesi. Sebbene il cattolicesimo rappresenti la maggioranza, la pratica religiosa è in progressivo declino (sotto il 10%). Nel 2000, la Santa Sede e lo Stato lituano hanno concluso accordi riguardanti varie attività della Chiesa cattolica, principalmente in relazione alla formazione cristiana e alla cappellania militare. Da notare inoltre che diverse università statali hanno istituito anche dipartimenti teologici.

La seconda comunità religiosa in Lituania è l’ortodossa, che comprende circa il 5% della popolazione. La Chiesa ortodossa non ha uno status autonomo, ma è direttamente legata alla Chiesa ortodossa russa. Dopo l’aggressione militare della Russia in Ucraina, il Metropolita Innokentij ha chiesto per la sua Chiesa il massimo grado di indipendenza da Mosca e ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, mentre il suo vicario appoggia pienamente le politiche del governo russo. Nel luglio 2022, il governo lituano ha dichiarato Kyrill, Patriarca ortodosso di Mosca e di tutta la Russia, persona non grata in Lituania.

Circa il 5% della popolazione è luterana. I luterani hanno molto sofferto durante la guerra e l’occupazione sovietica, poiché molte persone di origine tedesca furono espulse in Germania. Dopo l’indipendenza dello Stato, è stata aperta una facoltà di teologia luterana presso l’Università di Klaipeda.

La Lituania con i suoi 3,5 milioni di abitanti ha vissuto una storia dolorosa sin dalla sua integrazione nell’URSS nel 1940. Tutt’oggi permangono i traumi subiti a causa delle numerose deportazioni durante l’era sovietica. Il simbolo di questa sofferenza è la “Collina delle Croci”, luogo di devozione popolare e di pellegrinaggio. Mentre nel 1900 vi erano 130 croci, oggi se ne incontrano oltre 400.000. Nel 1993, la “Collina delle Croci” è stata visitata da Papa Giovanni Paolo II, che ha donato un crocifisso da porre ai piedi del colle. Nel settembre 2018, Papa Francesco, durante il suo viaggio in Lituania, è stato commosso dalla dolorosa storia del paese.

2. Sfide e prospettive ecumeniche

Se guardiamo al panorama religioso nei Paesi baltici, la conclusione da trarre è che questi paesi potrebbero essere utili ponti di intesa culturale tra Oriente e Occidente anche da un punto di vista religioso. E poiché là vivono e lavorano ortodossi, luterani e cattolici, i Paesi baltici sono anche banchi di prova per la fondamentale convinzione più volte espressa da Papa Giovanni Paolo II, secondo cui l’Europa avrà un buon futuro solo se imparerà ancora più intensamente a respirare con i suoi due polmoni, quello orientale bizantino-slavo e quello occidentale latino-romano. Per praticare questo tipo necessario di respirazione, occorre che venga rafforzato anche nei Paesi baltici il dialogo ecumenico tra i cristiani delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali.

a) La tragedia e la promessa dell’ecumenismo dei martiri

Dalla storia dei Paesi baltici emerge un tipo particolare di ecumenismo, che Papa Francesco ha ricordato soprattutto durante la conferenza stampa sul volo di ritorno da Tallinn. Dopo aver visitato a Vilnius il Museo del KGB, che ha per tema il tempo dell’occupazione e la lotta per la libertà, poi il luogo del grande ghetto, dove sono stati uccisi migliaia di ebrei, e infine il Memoriale dedicato a coloro che sono stati condannati, torturati, deportati e assassinati, la prima cosa che ha colpito il Papa è stato l’odio nutrito dai precedenti regimi politici nei confronti della religione. Ricordando le numerose vittime - uomini e donne - torturate, deportate in Siberia o uccise per aver difeso la propria fede, il Santo Padre è giunto alla conclusione che la fede nei Paesi baltici è grande ed è una fede “che nasce proprio dal martirio”. Secondo il Papa, l’esperienza del martirio della fede ha prodotto in questi Paesi un “fenomeno singolare” che egli ha chiamato “vita ecumenica” e che ha descritto con le seguenti parole: “C’è un vero ecumenismo: ecumenismo tra luterani, battisti, anglicani e anche ortodossi… L’ecumenismo ha messo radici lì.”[4]

Con queste parole, Papa Francesco si è riferito a quella forma di ecumenismo che Papa Giovanni Paolo II aveva chiamato “ecumenismo dei martiri” e al quale aveva dedicato un intero capitolo nella sua pionieristica enciclica sull’impegno ecumenico “Ut unum sint”. L’ecumenismo dei martiri si ricollega alla costatazione che, sia nella storia sia nel presente, i cristiani non sono perseguitati perché ortodossi o cattolici, protestanti o pentecostali, ma perché cristiani.[5] Il martirio oggi è ecumenico; si può pertanto parlare di un vero “ecumenismo dei martiri” o, come fa Papa Francesco, di un “ecumenismo del sangue”.

L’ecumenismo dei martiri, nonostante la tragedia in esso insita, contiene anche una grande promessa: come la Chiesa primitiva era convinta che il sangue dei martiri fosse seme di nuovi cristiani (“sanguis martyrum semen christianorum”), così anche noi oggi possiamo sperare che il sangue di tanti martiri si dimostri un giorno seme della piena unità ecumenica del Corpo di Cristo lacerato da innumerevoli divisioni. Dovremmo addirittura riporre la nostra fiducia nel fatto che, nel sangue dei martiri, siamo già diventati una cosa sola. Mentre noi cristiani e noi Chiese siamo ancora in comunione imperfetta gli uni con gli altri su questa terra, i martiri nella gloria celeste vivono già in piena e perfetta comunione.

Da ciò scaturisce il nostro urgente compito ecumenico, al quale ha fatto riferimento Papa Francesco con la memorabile frase: “Se il nemico ci unisce nella morte, chi siamo noi per dividerci nella vita?”[6] Non è infatti scandaloso che i persecutori dei cristiani abbiano spesso una visione ecumenica migliore dei cristiani stessi, perché sanno che noi cristiani siamo inscindibilmente uniti? Nell’ecumenismo dei martiri possiamo dunque ravvisare il nucleo più intimo e profondo di tutti gli sforzi ecumenici, che ci viene ricordato anche dalla storia dei Paesi baltici.

b) La questione cruciale del rapporto tra Chiesa e Stato

L’ecumenismo dei martiri può apportare anche un importante contributo affinché la religione in generale e la fede cristiana in particolare non entrino a far parte dei problemi e dei conflitti virulenti nella società e nella politica; piuttosto, sono chiamati a essere parte della soluzione dei problemi di oggi. Questo naturalmente presuppone la volontà di ricominciare e riflettere su un tema che è stato largamente trascurato nei dialoghi ecumenici, ma che si è nuovamente acutizzato con la guerra russa in Ucraina e che è presente anche nei Paesi baltici, ovvero la questione di come il rapporto tra Chiesa e Stato vada considerato da un punto di vista teologico e trovi forma concreta nelle varie Chiese cristiane.

Anche un breve sguardo alla storia mostra che, nella Chiesa in Oriente e in Occidente, si sono sviluppate concezioni diverse del rapporto tra Chiesa e Stato. Nel corso di una storia lunga e complicata, la Chiesa in Occidente ha dovuto imparare, e ha imparato, che la forma adeguata di questo rapporto consiste in una separazione tra Chiesa e Stato che comporti una collaborazione tra due realtà di pari dignità. Nella Chiesa d’Oriente, invece, è diventata prevalente una stretta connessione tra governo statale e gerarchia ecclesiastica, di solito descritta come “sinfonia” di Stato e Chiesa. Il concetto di sinfonia trova espressione soprattutto nelle istituzioni ortodosse dell’autocefalia e del territorio canonico, spesso associate a tendenze etnofiletiche e nazionalistiche.

La “sinfonia” di Chiesa e Stato esiste ancora oggi nella Chiesa d’Oriente[7]. Tuttavia, essa è sempre più gravata da pesanti ipoteche, come dimostra non da ultimo l’atteggiamento problematico del Patriarca ortodosso russo Kyrill nei confronti della guerra di Putin in Ucraina, ma anche dei suoi sostenitori ortodossi in Ucraina e in alcuni Paesi baltici. Ciò ha spinto il direttore dell’Istituto Johann Adam Möhler per l’ecumenismo di Paderborn, Johannes Oeldemann, a chiedersi se questo modello tradizionale sia giunto alla sua fine storica con la guerra in Ucraina: “Il modello ‘bizantino’ di sinfonia di Stato e Chiesa è screditato dall’atteggiamento del capo della Chiesa russa in misura tale da non potersi più rivelare praticabile nel futuro”[8].

In ogni modo, questa questione va affrontata nei dialoghi ecumenici, non solo con le Chiese ortodosse, ma anche con le Chiese e le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma, soprattutto quando esse vedono se stesse come Chiese di Stato, come nel caso della Chiesa d’Inghilterra e di varie Chiese luterane nel nord Europa.

Situazioni simili si sono verificate anche nei Paesi baltici. Per fare solo un esempio, l’Estonia è stata quasi esclusivamente luterana dalla fine del XVI secolo alla fine del XVIII secolo, perché sotto il dominio svedese la religione di Stato era luterana. Prima della seconda guerra mondiale, più dell’80% degli estoni erano luterani e vivevano in strutture ecclesiastiche statali. Anche sotto il dominio zarista prima del 1918, la Chiesa luterana d’Estonia era la seconda Chiesa di Stato accanto alla Chiesa ortodossa russa. Pertanto, a prima vista può sorprendere che la Chiesa luterana d’Estonia sia stata una delle prime a dichiararsi Chiesa indipendente e libera nel 1917; i suoi proventi non vengono più dalle tasse riscosse dallo Stato, ma solo da donazioni volontarie. Urmas Viilma, Arcivescovo della Chiesa evangelica luterana d’Estonia, spiega questa posizione con parole pregnanti: “Siamo molto fortunati a non essere una Chiesa di Stato. Non vogliamo essere animali domestici dello Stato.”[9]

Questi esempi intendono semplicemente mostrare che le varie Chiese hanno sviluppato tradizioni molto diverse nel loro rapporto con lo Stato. Spesso il contesto è quello di controversie all’interno di una stessa comunione ecclesiale, come nel caso di molti conflitti tra diverse Chiese nazionali ortodosse, a volte sullo sfondo di discussioni teologiche e, in particolare, ecclesiologiche, che influiscono anche sulle relazioni ecumeniche. Eppure, la questione del rapporto tra Chiesa e Stato è uno dei temi meno affrontati nei dialoghi ecumenici. Essa richiederà un’attenzione ecumenica speciale, alla luce della situazione mondiale di oggi e della missione delle Chiese nel mondo, come pure in vista di una necessaria, credibile collaborazione tra le Chiese e le Comunità ecclesiali cristiane, e questo anche nel quadro di un’iniziativa organizzata dall’Associazione Internazionale “Carità Politica”.

Va da sé che una simile discussione deve essere condotta nel segno della libertà religiosa. In uno spirito di apertura ecumenica, ogni Chiesa è chiamata a rendere conto se il suo rapporto con lo Stato è regolato in modo tale da corrispondere al principio della libertà religiosa. Le Chiese cristiane, nella comunione ecumenica, possono infatti adoprarsi in maniera credibile in favore della libertà religiosa per tutti i cristiani, per tutte le comunità ecclesiali, come per tutte le religioni, soltanto se il loro rapporto con lo Stato è conforme al principio della libertà religiosa[10], come ha sottolineato Papa Giovanni Paolo II durante il suo viaggio negli Stati baltici nel 1993, elogiando la Lituania come “testimone silenziosa di un amore appassionato per la libertà religiosa”.[11]

È quindi auspicabile che anche e soprattutto nei Paesi baltici continuino a irradiarsi testimonianze credibili di libertà religiosa vissuta, così importanti nel mondo di oggi in cui purtroppo incontriamo non solo la bellezza e la verità della religione, ma anche i suoi abusi e le strumentalizzazioni politiche. La guerra provocata dalla Russia in Ucraina è una sfida fondamentale anche per la religione, un’esortazione a rivedere la propria auto-comprensione e la propria missione nella società.

 

 

 

 

[1].       Francesco, Conferenza Stampa durante il volo di ritorno da Tallinn (Estonia), il 25 settembre 2018.

 

 

[2].       Vgl. „Der Lutherische Weltbund hat sich verirrt“. Das Oberhaupt der Evangelisch-Lutherischen Kirche Lettlands, Erzbischof Janis Vanags, über Frauenordination, Homosexualität und „postmodernen Neomarxismus“ im Westen, in: zeitzeichen (2022) Heft 12.

 

 

[3].       Francesco, Discorso durante l’incontro ecumenico tenutosi nella cattedrale evangelica luterana di Riga (Lettonia) il 24 settembre 2018.

 

 

[4].       Francesco, Conferenza stampa sul volo di ritorno da Tallinn (Estonia) il 25 settembre 2018.

 

 

[5].       Vgl. K. Card. Koch, Christenverfolgung und Ökumene der Märtyrer. Eine biblische Besinnung (Noderstedt 2016).

 

 

[6].       Francesco, Discorso al Movimento del Rinnovamento nello Spirito, il 3 luglio 2015.

 

 

[7].       Vgl. M. Besi / S. Oelke (Hrsg.), Politische Macht und orthodoxer Glaube. Beziehungen zwischen Politik und Religion in Osteuropa (Regensburg 2023).

 

 

[8].       J. Oeldemann, Kaum noch zukunftsfähig? Krieg in der Ukraine: Ende des „byzantinischen“ Modells, in: KNA - Ökumenische Information. Dokumentation vom 22. März 2022, I-III, zit. I.

 

 

[9].       „Willkommen in der Zukunft“. Gespräch mit Erzbischof Urmas Viilma, Oberhaupt der Estnischen Evangelisch-Lutherischen Kirche, über das Leben in einer stark säkularisierten Gesellschaft, in: zeitzeichen (2023)  Heft 1.

 

 

[10].      Vgl. K. Kardinal Koch, Religionsfreiheit als Thema des ökumenischen Dialogs, in: F.-X. Amherd / M. Delgado / S. Loiero (Hrsg.), 50 Jahre / ans Dignitatis Humanae… Tagungsband des 7. Freiburger Forums Weltkirche = Théologie pratique en dialogue. Vol 45 (Freiburg / Schweiz 2017) 43-61.

 

 

[11].      Giovanni Paolo II, Discorso durante la Cerimonia di Benvenuto a Vilnius, il 4 settembre 1993.