APPARTENENTI A CRISTO E UNITI AL SUO CORPO
Riflessione sul battesimo come fondamento dell’ecumenismo

 

Kurt Cardinale Koch

 

Caro Arcivescovo Rys e fratelli nell’episcopato,
Cari presbiteri, religiosi e religiose,
Cari fratelli luterani, riformati, ortodossi, mariaviti, veterocattolici
ed evangelicali che rappresentate varie Chiese cristiane di Lodz,
Stimate autorità civili e militari,
Cari fratelli e sorelle,

 

È una bella testimonianza di fede il fatto che abbiate compiuto un pellegrinaggio a Roma in segno di gratitudine per gli ultimi cento anni dalla fondazione della vostra Arcidiocesi e che vi siate ora riuniti per una celebrazione ecumenica dei Vespri, alla quale vi do il mio più cordiale benvenuto. È la fede in Gesù Cristo che unisce tutti noi, come ha espresso il santo Papa polacco, Giovanni Paolo II, nella sua magnifica Enciclica sull’impegno ecumenico “Ut unum sint” con le seguenti parole: “Credere in Cristo significa volere l’unità; volere l'unità significa volere la Chiesa”[1]. Di conseguenza, possiamo credere in Cristo e testimoniarlo in modo credibile solo quando lo facciamo nella comunione ecumenica.

 

Il passaggio pasquale dalla morte alla vita

Nel tempo pasquale, in cui ora ci troviamo, ci viene ricordato di nuovo chiaramente che è il battesimo a unire profondamente tutti i cristiani. Nel battesimo, siamo stati incorporati nell’unico Corpo di Cristo perché, nel battesimo, siamo stati resi partecipi dell’evento pasquale. La lettura odierna dalla prima lettera di Pietro ci incoraggia a riflettere sul fatto che, in primo luogo, siamo stati resi partecipi della morte di Gesù Cristo, il quale “è morto una volta per sempre per i peccati” (1 Pt 3,18). La Chiesa primitiva esprimeva questa convinzione di fede attraverso la piena immersione dei battezzati nell’acqua durante la liturgia, come segno del nostro essere immersi nelle acque abissali della morte in comunione con Cristo. Ma come Cristo, in virtù della sua risurrezione, siede alla destra di Dio, così nel battesimo, e di nuovo in comunione con Cristo, siamo risuscitati a una vita nuova ed eterna.

Come Gesù Cristo fu immerso nel bagno della morte, ma ne uscì il mattino di Pasqua, uomo nuovo e perfetto, così nel bagno del battesimo il fedele si immerge nel sepolcro di Cristo per risorgere da questo sepolcro insieme a Cristo come un uomo nuovo. Poiché il battesimo rende partecipi dell’evento salvifico pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo, esso costituisce il passaggio definitivo dalla morte alla nuova vita.

Il battesimo è quindi legato a una grande sfida che ci è stata posta: chi muore nel battesimo come uomo “vecchio” non può più tornare ad essere lo stesso. Piuttosto, è chiamato a diventare un uomo nuovo, bagnato solo dall’acqua battesimale dell’amore e della giustizia, della misericordia e della pace. Certo, questo è più facile a dirsi che a farsi. Ecco perché il riformatore Martin Lutero, con il suo tipico linguaggio drastico ma calzante, riguardo alla morte dell’uomo vecchio e alla nascita dell’uomo nuovo nel battesimo affermò: “Volevo affogare in me il vecchio; ma quel dannato sapeva nuotare”. Ripetutamente costatiamo anche in noi l’arte rodata del nuoto da parte dell’uomo vecchio. Anche per noi è dunque estremamente importante riflettere sul nostro battesimo e accoglierlo nuovamente, come abbiamo fatto nella santa veglia pasquale con il rinnovamento delle nostre promesse battesimali.

Quando riflettiamo sulla dimensione del passaggio dalla morte alla vita che avviene nel battesimo, è bene, soprattutto in una celebrazione ecumenica dei Vespri, porci la domanda molto personale di cosa significhi effettivamente per noi il nostro essere battezzati. Nella lettura odierna si dice del battesimo che “non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo” (1 Pt 3,21).

 

Il battesimo come trasferimento della nostra vita a Cristo

Il battesimo si rivela così un evento vincolante. Ciò è magnificamente espresso nella prima liturgia celebrata a Gerusalemme. Di tale liturgia si tramanda che, quando gli adulti venivano accolti nella comunità della chiesa, il candidato al battesimo, in fondo alla chiesa, si rivolgeva verso occidente come luogo delle tenebre e dell’oscurità e rinnegava quattro volte il diavolo, il male e la sua pompa. Poi si rivolgeva verso oriente come luogo del sole nascente e della luce e professava con formula trinitaria la fede cristiana in Dio Padre, nel suo Figlio Gesù Cristo e nello Spirito Santo.  Questa liturgia primitiva mostra chiaramente che il battesimo, nel suo significato fondamentale, è legato alla volontà di convertirsi; nel voltarsi da occidente a oriente veniva inscenato liturgicamente ciò che, nel battesimo, comporta la conversione, ovvero il rifiuto del maligno e l’adesione al bene e, così, il cambiamento della propria esistenza. Al cambiamento liturgico di posizione da occidente a oriente era associato il nuovo orientamento della propria esistenza e, questo, nel senso originario del volgersi verso oriente, verso il sole nascente che si è già manifestato nell’incarnazione di Gesù Cristo. Vivere nello spirito del battesimo cristiano significava in quel tempo, semplicemente ma radicalmente: “Conversi ad dominum”, ovvero rivolgete la vostra vita verso Cristo!

Ciò mette in luce una dimensione essenziale del battesimo, che è di fondamentale importanza dal punto di vista ecumenico e che consiste nel fatto che il battesimo si compie “nel nome di Gesù Cristo”. Si utilizza un’espressione analoga al linguaggio bancario, che indica un trasferimento di fondi sul conto di qualcuno, per suggerire che il battesimo è il trasferimento della vita di una persona a Cristo, come nuovo signore del battezzato. Nel battesimo, il candidato è sottoposto al Kyrios celeste che gli dona la salvezza. Nel battesimo, Cristo offre a ognuno, personalmente, la sua alleanza e lo invita a entrare in una relazione personale con lui. Paolo esorta dunque i battezzati a considerarsi “morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rom 6,11). A Paolo non può bastare il fatto che siamo battezzati; per lui è molto più importante che siamo in Gesù Cristo e che viviamo in una reciproca compenetrazione, in un certo modo mistica, tra Cristo e noi cristiani, suggellata nel battesimo.

Come invito a entrare in un’amicizia del tutto personale con Cristo, il battesimo si situa all’inizio della nostra esistenza e rappresenta l’ “ouverture” della nostra intera vita con Cristo. Riguardo al significato che può rivestire questa consapevolezza nella vita di una persona, il teologo protestante Wolfhart Pannenberg ha reso un’eloquente testimonianza. Egli fu battezzato da bambino, ma non ricevette un’educazione cristiana, poiché i genitori si erano così tanto estraniati dalla chiesa da esserne poi usciti. “Ma quando da adulto ho ritrovato la fede cristiana”, riconosce Pannenberg, “è diventato per me sempre più importante il fatto che Dio sia stato presente fin dall’inizio nella mia vita e che, attraverso l’atto del battesimo, abbia richiesto la mia vita per il suo servizio." [2] Questa bella testimonianza mostra che il battesimo non è semplicemente un evento che accade un’unica volta, ma è sempre presente e si estende a tutta la vita del battezzato, spingendosi anche fino all’ignoto di un futuro ancora lontano. Poiché il battesimo si spinge addirittura oltre la morte per arrivare alla vita eterna con Dio, la vita eterna è già iniziata in noi con il battesimo, che ci unisce completamente a Cristo.

 

Il battesimo come incorporazione a Cristo

Al trasferimento della vita del fedele a Cristo è collegata un’altra importante dimensione: il battesimo non segna soltanto l’entrata di un individuo nella fede cristiana, ma anche la sua entrata nella comunità della Chiesa. Il trasferimento della vita del battezzato a Cristo è inscindibile dal suo incorporamento nella Chiesa come Corpo di Cristo. Infatti, “essere in Cristo” come dono del battesimo è sinonimo di “essere nel Corpo di Cristo”. In virtù del battesimo, siamo chiamati a vivere come persone che hanno trovato una nuova patria nella comunità di fede della Chiesa. La vocazione fondamentale dei cristiani consiste essenzialmente, sulla base del battesimo, nel diventare e nell’essere membra del Corpo di Cristo. Il battesimo e la Chiesa sono inscindibili sin dall’inizio, come è evidente, negli Atti degli Apostoli, già dal racconto della Pentecoste, con la quale viene fondata la Chiesa in maniera definitiva. Infatti, la narrazione dell’evento della Pentecoste sfocia direttamente nel racconto del battesimo dei primi cristiani: “Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone” (Atti 2,41).

L’appartenenza a Cristo e l’essere membra della Chiesa non possono essere separati, come sottolinea soprattutto l’apostolo Paolo. Per Paolo, il battesimo e la Chiesa formano un’unità inscindibile, poiché è il battesimo che inserisce il battezzato nella Chiesa quale Corpo di Cristo: “noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito” (1 Cor 12,13). Questo Spirito è per Paolo il più profondo principio di unità della Chiesa, come esprime la sua eloquente formula nella lettera agli Efesini: “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,4-6).

Da ciò si comprende il motivo più profondo del fatto che il battesimo non è soltanto la porta d’entrata della Chiesa, ma è anche la porta d’entrata dell’ecumenismo, come evidenzia il Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano Secondo. Il Decreto vede nel battesimo il fondamento dell’appartenenza di tutti i cristiani alla Chiesa: “Coloro infatti che credono in Cristo ed hanno ricevuto validamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica.”[3] Il battesimo quindi “costituisce il vincolo sacramentale dell’unità che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati”[4]. In questo vincolo sacramentale del battesimo risiede la più profonda unità che lega tra loro tutti i cristiani.

Il battesimo e il mutuo riconoscimento del battesimo costituiscono dunque il dato di base di ogni sforzo ecumenico. In questa convinzione, papa san Giovanni Paolo II ha sempre sottolineato che la ricerca ecumenica della ricomposizione dell’unità è la via della Chiesa e che questa via è “irreversibile”[5]. La celebrazione ecumenica dei Vespri è una buona opportunità per rinnovare il nostro impegno su questo fondamento dell’ecumenismo e per aiutarci vicendevolmente a vivere da battezzati. Con il battesimo portiamo su di noi il segno più bello dell’essere cristiani, un segno che ci riempie di gioia pasquale e per il quale vogliamo rendere grazie. Amen.

 

 

 

[1] Giovanni Paolo II, Ut unum sint, n. 9.
[2] W. Pannenberg, Die Bedeutung von Taufe und Abendmahl für die christliche Spiritualität, in: Ders., Beiträge zur Systematischen Theologie. Band 3: Kirche und Ökumene (Göttingen 2000) 74-85, zit. 80.
[3] Unitatis redintegratio, n. 3.
[4] Unitatis redintegratio, n. 22.
[5] Giovanni Paolo II, Ut unum sint, n. 3.