Contributo per il Convegno ecumenico “Amatevi come io ho amato voi” (Giovanni 15,13) presso il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari

 

28 maggio 2021

 

CRISTIANI INSIEME IN TEMPO DI PANDEMIA

Il contributo della spiritualità ecumenica di Chiara Lubich 
per accrescere l’unità tra i discepoli di cristo

 

 

La pandemia come sfida e come opportunità

La pandemia del Covid-19 rimette in discussione nel mondo odierno molti aspetti che vengono dati per scontati. Tra questi, vorrei sottolinearne solo due. Nel pensiero postmoderno, la ricerca dell’unità non è più al centro dell'attenzione come lo è stata nella Tradizione; piuttosto, nell’esperienza e nel pensiero postmoderni il pluralismo è diventato il concetto fondamentale. Il postmoderno comporta la propensione verso il plurale e il sospetto del singolare. Ma la pandemia, che colpisce tutti gli individui, tutti i popoli e tutte le nazioni, sta costringendo l’umanità a sperimentare l’unità in modo nuovo, non più solo come pericolo, ma anche come opportunità e come sfida. Assolutizzando il pluralismo, il pensiero postmoderno cerca inoltre di superare la sofferenza e il dolore che sono necessariamente collegati alla ricerca dell’unità. Al contrario, la “distanza sociale” richiesta per motivi sanitari mette nuovamente in luce, nella consapevolezza collettiva, il valore delle relazioni interpersonali dirette e suscita sofferenza e dolore quando queste relazioni non possono essere vissute.

I due atteggiamenti di fondo menzionati sono presenti anche nel pensiero e nell’agire ecumenici. Oggi vi è una forte tendenza non solo ad adattarsi al pluralismo di Chiese e Comunità ecclesiali sviluppatosi nel corso della storia, ma anche ad accoglierlo favorevolmente in linea di principio, così che la ricerca ecumenica dell’unità visibile della Chiesa finisce con l’essere considerata irrealistica e indesiderabile. La conseguenza di questo atteggiamento di fondo è che non pochi cristiani non soffrono più per le divisioni tuttora esistenti e non provano più dolore, ma credono invece di poter creare loro stessi l’unità tramite un attivismo frettoloso.

In questi due atteggiamenti di fondo ravviso le sfide cruciali della situazione ecumenica odierna. La pandemia fornisce una più che valida occasione per riflettere su questi atteggiamenti. In questo contesto, soprattutto la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich può essere per noi una guida importante, offrendoci una risposta sensata e utile a queste due sfide. Ci avviciniamo a tale risposta quando meditiamo su quei brani delle Sacre Scritture che hanno già ricevuto l’appassionata attenzione di Chiara Lubich e delle sue prime compagne nella cantina di Trento, ovvero, da una parte, il capitolo XVII del Vangelo di Giovanni con l’urgente preghiera rivolta da Gesù al Padre per l’unità dei suoi discepoli, e, dall’altra, il brano del Vangelo di Matteo che riporta il grido di Gesù sulla croce, abbandonato da Dio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46).

Con ciò giungiamo ai due punti focali della spiritualità dell’unità, la cui importanza per la ricerca ecumenica dell’unità dei cristiani è particolarmente attuale nella situazione odierna. La stessa Chiara Lubich lo diceva già in una lettera del 1948: “Il libro di Luce che il Signore va scrivendo nella mia anima ha due aspetti: una pagina lucente di misterioso amore: Unità. Una pagina lucente di misterioso dolore: Gesù abbandonato. Sono due aspetti di un’unica medaglia.”[1] In questa medaglia dalle due facce luminose – l’unità e il dolore – vedo il più significativo contributo del carisma di Chiara Lubich al ripristino dell’unità dei cristiani. Per poter meglio recepire questo importante orientamento, è bene riflettere ulteriormente sui due poli di questo carisma, l’unità e l’abbandono di Gesù sulla croce da parte di Dio.

 

I due poli del carisma dell’unità

Nella preghiera sacerdotale di Gesù riportata nel XVII capitolo del Vangelo di Giovanni, il significato ecumenico è evidente. Se Gesù non ha comandato l’unità ai suoi discepoli e non l’ha pretesa da loro, ma ha piuttosto pregato per essa, anche per noi cristiani la cosa migliore da fare per l’unità è unirci alla sua preghiera. Se ci lasciamo coinvolgere in questa preghiera del Signore, diverremo una cosa sola anche gli uni con gli altri, come fratelli e sorelle. L’unità possiamo accoglierla soltanto come dono. Essa è sempre un dono o, come diceva Chiara, un miracolo.

Chiara lo ha testimoniato soprattutto portando al centro dell’attenzione la dimensione trinitaria della preghiera per l’unità. L’unità tra noi cristiani non può essere realizzata semplicemente attraverso i nostri sforzi, poiché è partecipazione all’unità esistente tra Gesù e il Padre. La preghiera è il luogo più intimo di questa unità. Colui che orienta la sua vita verso l’unità può dunque raggiungere sia il cuore di Dio sia il cuore del prossimo, che viene coinvolto nell’unità intra-trinitaria tra il Padre e il Figlio.

Ma la preghiera per l’unità non è fine a se stessa. Piuttosto, l’unità è credibile solo se non è semplicemente creduta e proclamata, ma è soprattutto vissuta. Chiara ha sempre sottolineato che la parola di Dio deve concretizzarsi nell’amore quotidiano, diventando così “parola di vita”. Possiamo dunque dire senza riserve che la preghiera sacerdotale di Gesù è la Magna Charta del carisma del Movimento dei Focolari, che si sa chiamato e inviato da Dio a contribuire all’unità degli uomini con Dio e all’unità degli uomini tra loro.

Ciò vale in modo particolare anche per il secondo polo del carisma dell’unità, ovvero l’incessante orientarsi verso il Gesù abbandonato. Come Chiara, già all’inizio del suo movimento, ha riconosciuto in Gesù abbandonato la povertà, la sofferenza e il dolore delle persone, così ha anche percepito la drammatica anomalia del cristianesimo diviso nel volto sofferente di Gesù crocifisso e abbandonato. È stata soprattutto la contemplazione di Gesù abbandonato che ha spinto Chiara nell’avventura ecumenica e le ha dato il coraggio di colmare con amore quelle profonde fratture tra i cristiani e tra le Chiese causate nel corso dei secoli dalla mancanza di carità fraterna. Soprattutto dal punto di vista ecumenico, la contemplazione di Gesù abbandonato è di fondamentale importanza, come confessa Chiara nel suo libro “Il grido”: “in Lui è il segreto della ricomposizione di tutti i fratelli e sorelle cristiani nella piena comunione visibile, che Cristo ha pensato. È seguendo Lui, ma soprattutto vivendo Lui, che il Movimento dei Focolari si è reso utile alla Chiesa e lo vuole essere sempre di più in questo suo periodo difficile ma splendido, che ha aperto tanti orizzonti nuovi.”[2]

Le parole stesse di Chiara sono il modo migliore per mostrare che la spinta più profonda dell’impegno ecumenico del Movimento dei Focolari e l’autentica interpretazione del carisma dell’unità risiedono nella meditazione del volto sofferente di Gesù sulla croce. Quanto Chiara abbia vissuto in modo credibile questo carisma emerge dal fatto che lei stessa lo ha sperimentato nella propria vita, innanzitutto per il lungo periodo di esame da parte della Chiesa e per la ricerca del riconoscimento del carisma, che ha rappresentato per Chiara un “tempo di sospensione dolorosa”, ricordandole Gesù abbandonato e sollevando in lei la domanda: “non era Lui il non approvato dal Cielo?”[3] Soprattutto negli ultimi anni di vita, Chiara ha sentito dolorosamente di prendere parte all’abbandono di Gesù, facendo l’esperienza di un’ultima profonda notte e arrivando persino a parlare di inferno: “Si pensa: «Dio non pensa a me. Dio non si ricorda di me … Perché? Perché?» è partecipazione all’essere Gesù abbandonato simile all’inferno. Cioè che Dio ti abbandona.”[4]

Sono convinto che senza questa esperienza della notte non si possa capire l’intuizione e l’impegno di Chiara Lubich per l’unità dei cristiani, o lo si possa capire solo superficialmente. La sua testimonianza di vita ci mostra che non può esserci amore senza sofferenza e dolore, e quindi non può esserci neppure unità senza la percezione della dolorosa tragedia della lacerazione causata dalla divisione nella cristianità. Chiara continua a ricordarci che l’unità tra noi cristiani non può essere conquistata senza sofferenza, perché l’unità è cresciuta di notte ed è nata sotto la croce.

 

La promozione delle varie forme di ecumenismo

Questa amorevole sofferenza è diventata fruttuosa per il movimento ecumenico nelle sue varie forme. Ciò vale in primo luogo per l’ecumenismo spirituale, a cui Chiara ha dato un prezioso contributo con il suo impegno personale a favore del concetto guida dell’unità nel Dio Uno e Trino e con il suo sguardo intensamente rivolto a Gesù abbandonato. Ma l’ecumenismo spirituale si rivela credibile solo se accompagnato da quello che può essere definito ecumenismo pratico. In questo senso, il Movimento dei Focolari ha attuato in modo sempre più concreto le conseguenze del carisma dell’unità, occupandosi anche delle questioni sociali fino all’ambito dell’economia, questioni che hanno trovato la loro più chiara espressione nel progetto “Economia di Comunione”.

L’impegno a favore del ristabilimento dell’unità dei cristiani comprende anche l’ecumenismo della verità, al quale il carisma dell’unità offre un importante contributo con la “Scuola Abba”, a cui Chiara era molto legata, e oggi con l’ “Istituto Universitario Sophia” di Loppiano. L’ecumenismo della verità può ovviamente prosperare solo se è sostenuto dall’ecumenismo dell’amore e della vita, che si traduce in molti contatti ecumenici e amicizie con rappresentanti di altre Chiese e comunità, come testimonia ad esempio il Centro ecumenico di Ottmaring vicino ad Augburg, dove il carisma dell’unità è vissuto nella quotidianità concreta.

Se guardiamo a questi diversi frutti del carisma dell’unità, diventa evidente che chiedersi quale sia il contributo del carisma di Chiara Lubich all’unità dei cristiani è una domanda scontata. Di fatti, l’impegno a favore dell’unità dei cristiani è come inscritto nel DNA di questo carisma, che è essenzialmente un carisma di unità. La ricerca dell’unità è l’eredità di Gesù e la volontà del Padre, come Chiara nota succintamente e in maniera pregnante: “Chi indirizza la propria vita all’unità, ha centrato il cuore di Dio.”[5]

Da questa spiritualità ho ricevuto molta ispirazione per il mio compito attuale. Sono quindi lieto che l’incontro odierno mi offra l’occasione di esprimere il mio sentito ringraziamento per il carisma di unità che Chiara ha donato alla Chiesa e che il Movimento dei Focolari continua a portare avanti oggi, affinché noi cristiani possiamo ritrovare l’unità tra di noi, cercando e trovando insieme l’unità nel Dio Uno e Trino ed in particolare in Gesù abbandonato. Auguro dunque al movimento ecumenico in generale e al Movimento dei Focolari in particolare quel “successo” che Chiara descrisse in una conferenza tenuta a Berlino nel 1998, dicendo: “Occorrono, per un proficuo ecumenismo, cuori toccati da lui, [Gesù] crocifisso e abbandonato, che non lo fuggono”.[6] Nella pandemia odierna, che causa così tanta sofferenza e che unisce le persone nel dolore, questo orientamento non ha perso nulla della sua rilevanza, ma è anzi capace di infondere fiducia e conforto, coraggio e speranza.

 

 

 

[1].             C. Lubich, Lettere dei primi tempi. A cura di Florence Gillet e Giovanni D´Alessandro (Roma 2010) 149.

[2].             C. Lubich, Il grido. Gesù crocifisso e abbandonato nella storia e nella vita del Movimento dei Focolari dalla sua nascita, nel 1943, all’alba del terzo millennio (Roma 2000), 105.

[3].             C. Lubich, ibid., 62-64.

[4].             E. Folonari, Una testimonianza su Chiara Lubich e le sue “notti”, in Nuova Umanità 189, XXXII maggio-giugno 2010/3, 372-373.

[5].             C. Lubich, Scritti spirituali/1: L’attrattiva del tempo moderno, 2a edizione (Roma1978) 49.

[6].             C. Lubich, Una spiritualità per l’unità dei cristiani, Pensieri scelti (Roma 2020), 87-88.