Saluto al Convegno “Lutero, la Riforma, Sant’Agostino e l’Ordine Agostiniano”
Istituto Patristico Augustinianum, Roma, 9 novembre 2017

 

Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i partecipanti al Convegno odierno su “Lutero, la Riforma, Sant’Agostino e l’Ordine Agostiniano”, e vi auguro un proficuo incontro. Il titolo del Convegno, abbracciando un tema così ampio, incentra l’attenzione su un importante aspetto. Durante l’anno della commemorazione della Riforma e nel periodo della sua preparazione, si è molto discusso su chi era Lutero e su quale sia stata la sua influenza nel suo tempo e nella storia. Ma è possibile capire un uomo soltanto se non ci si limita a chiedere chi sia stato e cosa abbia fatto. Si può capire un uomo soltanto se ci si interroga anche su quale sia stata la sua origine, se si ricercano le sue radici. Ciò vale anche per quanto riguarda lo sforzo di comprendere Martin Lutero. Se è vero che il riformatore non può essere compreso senza tener presente il suo impatto, è altrettanto vero che egli non può essere capito senza considerare le sue radici. Una radice importante è proprio al centro del Convegno odierno, ovvero Sant’Agostino. Ricordare tale radice e considerarla più attentamente è una particolare missione dell’Ordine Agostiniano, al quale apparteneva lo stesso Lutero. A ciò ha fatto riferimento anche il Professor Cristoph Markschies, autorevole storico della Chiesa, protestante, in occasione del conferimento del dottorato honoris causa che gli è stato tributato dall’Istituto Patristico Augustinianum nell’anno della commemorazione della Riforma.

                Comprendere Lutero non solo concentrandosi su di lui e sul tempo a cui apparteneva, ma anche e soprattutto alla luce del suo radicamento nella storia è un compito importante che è andato delineandosi in maniera sempre più netta negli ultimi decenni. Nel quadro della ricerca compiuta sulla figura del riformatore, è stato evidenziato anche che Martin Lutero, sia da un punto di vista esistenziale che teologico, era profondamente radicato nel medioevo, ed in particolare nella tradizione mistica e monastica del tardo medioevo. Ciò vale soprattutto in riferimento a Bernardo di Chiaravalle, nel quale troviamo già l’anticipazione dell’interpretazione di Lutero della Sacra Scrittura come incontro tra Cristo e l’uomo e perfino il punto di partenza della sua teologia della giustificazione per sola grazia nella fede in Gesù Cristo. Dal canto suo, Bernardo può aver ripreso questo pensiero da Agostino, per il quale la giustizia di Dio “è quella per la quale diventiamo giusti noi per sua grazia, e la salvezza del Signore è quella con la quale egli salva noi”[1].

                La riscoperta di tali radici ha contribuito in maniera decisiva al fatto che, in tempi recenti, sia stato possibile formulare un ampio consenso ecumenico sulla dottrina della giustificazione, che Lutero aveva posto al centro della sua teologia e della sua predicazione. Ciò ha trovato la sua forma più evidente nella “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, che è stata firmata ad Augsburg il 31 ottobre 1999 dalla Federazione Luterana Mondiale e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e che è stata definita da Papa Giovanni paolo II “una pietra miliare sulla non facile strada della ricomposizione della piena unità tra i cristiani”. Essa può essere considerata infatti come un risultato ecumenico di grande impatto, poiché, in merito alla questione centrale che aveva condotto alla Riforma ed in seguito alla divisione della cristianità occidentale, ha permesso di pervenire ad un ampio consenso sulle questioni fondamentali, così che la dottrina della giustificazione non costituisce più un elemento di discordia tra le Chiese.

                Questi sviluppi hanno favorito anche la riscoperta delle radici di Martin Lutero nel pensiero cattolico, la riscoperta cioè del “Lutero cattolico”. Si è delineata in tal modo, nel contesto della ricerca cattolica su Lutero, un’immagine più differenziata del riformatore, un’immagine che è stata ripresa anche da vari pontefici. Papa Giovanni Paolo II, ad esempio, ha elogiato in particolar modo l’“attenzione per la Parola di Dio” dimostrata da Lutero e l’ “alto valore della sua richiesta di una teologia vicina alle Sacre Scritture e della sua volontà di un rinnovamento spirituale della Chiesa”[2]. E Papa Benedetto XVI, durante la sua visita all’ex-convento agostiniano di Erfurt, dove Lutero studiò teologia e fu ordinato sacerdote, ha riconosciuto con gratitudine la centralità della questione su Dio nella vita e nell’opera di Lutero, come pure l’importanza del suo cristocentrismo.

                Lo sforzo di scrivere insieme, in comunione ecumenica, la storia della Riforma e della sua influenza sulla Chiesa cattolica ha fatto un ulteriore passo avanti. Questo è avvenuto con il documento “Dal conflitto alla comunione”, che è stato redatto dalla Commissione luterana-cattolica per l’unità, dietro mandato della Federazione Luterana Mondiale e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, come preparazione ad una riflessione comune sulla Riforma. Questo documento è servito anche come base della commemorazione comune della Riforma che, tenutasi a Lund il 31 ottobre 2016, è stata presieduta congiuntamente sia da Papa Francesco che dal Presidente e dal Segretario Generale della Federazione Luterana Mondiale. Nella dichiarazione comune rilasciata in tale occasione, essi hanno dato voce a una duplice confessione: “Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa.”[3]

                In tal modo, essi hanno espresso ciò che oggi, da un punto di vista ecumenico, è possibile affermare insieme sulla Riforma di Martin Lutero. In primo piano vi è la gratitudine per tutto ciò che la Riforma ha portato di positivo a livello di visione religiosa e teologica e per quello che luterani e cattolici possono testimoniare oggi congiuntamente. Di fatti, quest’anno non ricordiamo soltanto l’inizio della Riforma di cinquecento anni fa, ma anche i cinquant’anni di dialogo ecumenico tra luterani e cattolici. Il dialogo con la Federazione Luterana Mondiale è stato il primo avviato dalla Chiesa cattolica subito dopo il Concilio Vaticano Secondo e si è rivelato molto fruttuoso.

                In questo dialogo è stato messo nuovamente in risalto il fatto che, nelle intenzioni originarie di Martin Lutero, non vi era assolutamente la volontà di giungere ad una divisione della Chiesa e alla fondazione di una nuova Chiesa. La sua chiara priorità era piuttosto il rinnovamento della Chiesa cattolica, che, tuttavia, non poté realizzarsi in quel momento. Dopo che la Chiesa cattolica dimostrò di non essere pronta ad accogliere l’invito di Lutero alla riforma ed al rinnovamento, Lutero si predispose a compiere la rottura con la Chiesa del suo tempo. Al posto del rinnovamento, si giunse alla divisione nella Chiesa e alle cruente guerre di religione del XVI e XVII secolo. Per questo, la seconda nota fondamentale della commemorazione comune della Riforma è il riconoscimento delle proprie colpe ed il pentimento per le ferite che cattolici e luterani si sono reciprocamente inflitti negli ultimi cinquecento anni.

                Gratitudine e pentimento sono aspetti inscindibilmente legati, come lascia intuire il titolo stesso del sopra citato documento ecumenico, “Dal conflitto alla comunione”. Una riflessione ecumenica sulla Riforma di Martin Lutero deve prendere sul serio tanto il conflitto quanto la comunione e, soprattutto, deve aiutare luterani e cattolici a progredire sul cammino che dal conflitto conduce alla comunione. Il terzo aspetto cruciale è, allora, la speranza: la speranza che, partendo da una commemorazione comune della Riforma, si possano compiere nuovi passi verso l’unità.

                Questa speranza potrà tanto più realizzarsi quanto noi rifletteremo su ciò che luterani e cattolici hanno in comune e su quali aspetti comuni possono riscoprire in Martin Lutero. In tale contesto si iscrive anche, ed in modo particolare, la questione su quanto Lutero fosse radicato nel pensiero teologico di Sant’Agostino e quale influenza abbia avuto Agostino sul monaco agostiniano e riformatore Martin Lutero. Personalmente, sono molto grato all’Istituto Patristico Augustinianum per aver voluto dedicare un convegno a tale tema. A tutti i partecipanti auguro una proficua riflessione e fruttuose intuizioni, che contribuiscano a ritrovare la comunione ecclesiale tra luterani e cattolici.

 

 

[1].  Agostino, De Spiritu et littera, 32, 56 = PL 44, 237.

[2].  Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti delle Chiese evangeliche e del Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania a Paderborn, il 22 giugno 1996.

[3].  Dichiarazione comune in occasione della commemorazione comune cattolico-luterana della Riforma, il 31 ottobre 2016.