IL DONO DELL'AUTORITA' III
Dichiarazione dei copresidenti
Il documento Il dono dell’autorità è stato presentato il 12 maggio scorso a Londra, presso l’abbazia di Westminster, alla presenza dei due copresidenti dell’ARCIC, l’anglicano Mark Santer, vescovo di Birmingham, e il cattolico Cormac Murphy-O’Connor, vescovo di Arundel e Brighton, che hanno reso alla stampa la seguente dichiarazione.
1. I precedenti: Il dialogo ufficiale anglicano-cattolico a livello internazionale
Nel marzo 1966 l’allora arcivescovo di Canterbury, dr. Michael Ramsey, effettuò una visita ufficiale al papa Paolo VI a Roma. Questo evento inaugurò una nuova stagione delle relazioni tra la Comunione anglicana e la Chiesa cattolica, con una nuova insistenza sulla carità cristiana e sinceri sforzi volti a rimuovere le cause del conflitto e a ristabilire l’unità. Essi decisero di istituire un dialogo internazionale ufficiale la cui attività potesse condurre a quell’unità nella verità per la quale Cristo ha pregato. La Commissione internazionale anglicana - cattolica romana (ARCIC) assunse questo compito nel 1970. Si tratta di un dialogo internazionale i cui membri sono degli esperti ufficialmente incaricati di rappresentare la Comunione anglicana e la Chiesa cattolica a livello mondiale.
All’ARCIC furono assegnati inizialmente tre temi principali di dialogo: la dottrina dell’eucaristia; il ministero e l’ordinazione; l’autorità nella chiesa. Nel Rapporto finale del 1981 furono pubblicate insieme diverse dichiarazioni di accordo emanate man mano che la Commissione portava avanti il suo lavoro; esse venivano presentate alle due chiese in attesa della valutazione e della recezione. La Comunione anglicana diede la sua risposta ufficiale con una Risoluzione della Conferenza di Lambeth del 1988. La Chiesa cattolica rispose nel 1991. Dopo la pubblicazione del Rapporto finale l’ARCIC ha prodotto dichiarazioni d’accordo su altre importanti materie, su cui avevano fatto richiesta di avviare un dialogo il papa Giovanni Paolo II e l’arcivescovo Robert Runcie in occasione del loro incontro di Canterbury nel 1982. Il dono dell’autorità, che viene pubblicato oggi, è la quarta dichiarazione di questa seconda fase dell’attività dell’ARCIC.
Siamo lieti del fatto che questo documento venga diffuso in un luogo che risale a un’epoca precedente alle nostre divisioni. È nostra speranza che questa nuova dichiarazione contribuirà a risanarle. È un documento destinato ai cristiani anglicani e cattolici nei molti paesi del mondo in cui vivono insieme. Pertanto è già stato inviato ai primati anglicani e ai presidenti delle conferenze episcopali cattoliche e sarà presto disponibile tradotto in varie lingue e su Internet.
2. Perché l'ARCIC ha preparato un'altra dichiarazione sull'autorità?
Ancor prima che questo dialogo cominciasse, era ovvio che l’autorità nella chiesa avrebbe richiesto una notevole attenzione. L’autorità, in particolare l’autorità del vescovo di Roma, ha rappresentato un elemento-chiave nella divisione verificatasi all’epoca della Riforma inglese. Per quattro secoli la Comunione anglicana e la Chiesa cattolica hanno sviluppato le loro strutture di autorità in una condizione di reciproca separazione, e gli anglicani hanno vissuto senza il ministero del vescovo di Roma. Il Rapporto finale del 1981 dedicava all’argomento dell’autorità nella chiesa due dichiarazioni di accordo e un «Chiarimento», i quali documentano già il considerevole accordo che è stato riconosciuto da entrambe le chiese:
- intorno a come opera l’autorità nella chiesa;
- intorno al particolare ruolo dei vescovi;
- e, cosa molto importante, persino intorno al significato del vescovo di Roma in una chiesa riunita e al posto del suo ministero nel disegno provvidenziale di Dio per la sua chiesa.
Perché dunque l’ARCIC adesso torna su questo punto?
- In primo luogo, perché il Rapporto finale stesso riconosceva che, malgrado i notevoli progressi realizzati, dovevano ancora essere risolti alcuni seri problemi.
- In secondo luogo, perché entrambe le risposte ufficiali anglicane e cattoliche al Rapporto finale lo richiedevano all’ARCIC. Esse dicevano che le dichiarazioni del Rapporto finale fornivano una buona base per un ulteriore dialogo. I punti principali che venivano sottoposti alla Commissione sono citati al n. 3 de Il dono dell’autorità.
- La terza ragione è che questa ulteriore dichiarazione contribuirà _ è quanto si spera _, al dibattito sull’autorità che sta svolgendosi in entrambe le chiese. Agli anglicani la Conferenza di Lambeth del 1998 ha chiesto di riflettere e di studiare importanti questioni intorno all’autorità nella Comunione anglicana che erano state sollevate dal Rapporto di Virginia, preparato in vista di Lambeth. Tra di esse compare il problema dell’autorità universale nella chiesa. Anche il papa Giovanni Paolo II, nella sua enciclica del 1995 Ut unum sint, ha chiesto un dialogo paziente e fraterno sul ministero di unità del vescovo di Roma, così che possa essere accettato da tutti.
- Da ultimo, se non riusciremo a raggiungere un sufficiente accordo intorno all’autorità, che tocca tanti aspetti della vita della chiesa, «non potremo raggiungere la piena unità visibile che è al centro del nostro impegno», come hanno chiaramente affermato l’arcivescovo Carey e il papa Giovanni Paolo II in occasione del loro incontro del 1996.
3. Che tipo di dichiarazione è Il Dono dell'Autorità ?
È il frutto di cinque anni di dialogo, di ascolto paziente, di studio e di preghiera. La Commissione ha risposto alle richieste delle rispettive autorità. Tale risposta, con la loro autorizzazione, viene ora pubblicata in forma di dichiarazione concordata dalla Commissione e sottoposta alle nostre chiese per la riflessione e la discussione. La dichiarazione è fondata su tutto il precedente lavoro dell’ARCIC sull’autorità: di qui il suo sottotitolo: Autorità nella chiesa III, che va pertanto letto come segno di continuità con le precedenti dichiarazioni di accordo. È un testo ricco, dalle argomentazioni serrate, in cui ogni frase ha la sua importanza nel condurre alle conclusioni. Pertanto dovrà essere oggetto di attento studio e riflessione presso entrambe le nostre comunioni.
È importante comprendere quello che i membri della Commissione hanno tentato di fare: hanno provato a esprimere quanto essi credono che discenda dalla nostra fede comune condivisa; in altre parole, i membri si sono impegnati in un dialogo al meglio di se stessi in quanto rappresentanti delle loro due chiese, non ingaggiando una sorta di negoziato ma tentando di esprimere insieme quello che credono che la fede esiga. Il titolo del nuovo documento offre un’indicazione molto importante. Rettamente compresa, l’autorità nella chiesa è un dono di Dio, che va ricevuto con gratitudine.
Per tenere ben presente davanti a noi lo scopo ultimo dell’autorità, viene insistentemente utilizzata un’immagine biblica, presa dalla Seconda lettera di s. Paolo ai Corinzi. L’autorità serve alla chiesa per ricordare il «sì» che Dio ha detto all’umanità in Gesù Cristo e consente ai suoi membri di rispondere con un fedele «Amen», in cammino sulla via di Cristo. Viene poi esposto a grandi linee l’accordo intorno al modo in cui viene esercitata l’autorità ai vari livelli della vita della chiesa, compreso il modo in cui l’intero popolo di Dio porta la Tradizione attraverso lo spazio e il tempo, e il particolare ruolo dei vescovi nel discernere e nell’articolare la fede della chiesa e nell’assicurare che tutte le chiese siano in comunione. Il documento esprime accordo sul fatto che il collegio dei vescovi possa giungere a un giudizio che, fedele alla Scrittura e coerente con la tradizione apostolica, sia esente da errore (cf. n. 42). Questo dovere di conservare la chiesa nella verità è «una delle funzioni essenziali del collegio episcopale» (n. 44).
La dichiarazione è fondata sull’accordo intorno al vescovo di Roma raggiunto nel precedente lavoro dell’ARCIC, e offre un accordo intorno al suo specifico ministero all’interno del collegio dei vescovi riguardo al discernimento della verità, che è stato fonte di così tante difficoltà e fraintendimenti. Cerca di rendere chiaro come in determinate circostanze il vescovo di Roma abbia il dovere di discernere e rendere esplicita, nella fedeltà alla Scrittura e alla Tradizione, la fede autentica dell’intera chiesa, che è la fede di tutti i battezzati in comunione. La Commissione crede che si tratti di un dono che va ricevuto da tutte le chiese e che è iscritto nel riconoscimento del primato del vescovo di Roma.
4. E adesso che cosa accadrà?
Lo studio analitico di questa dichiarazione porterà evidentemente a una serie di sollecitazioni per entrambe le nostre chiese, in riferimento a come vi viene esercitata l’autorità. Alcune di queste sollecitazioni sono citate nell’ultima parte del documento. Il compito della Commissione è stato entrare in dialogo su un argomento importante e difficile. Essa crede di essere arrivata a un ulteriore accordo, che offre alle nostre chiese. Tocca alle nostre autorità decidere, a tempo debito, se riconoscono in questa nuova dichiarazione di accordo la nostra fede e come affrontarne le conseguenze.