Rapporti religiosi con l’ebraismo: un legame particolare

Rev.do Padre Norbert Hofmann, SDB
Segretario della Commissione per le relazioni con l'Ebraismo

 

La Dichiarazione Nostra aetate (n. 4) del 1965 del Concilio Vaticano Secondo ha dato avvio al dialogo ufficiale della Chiesa cattolica con l’ebraismo. Vi si legge infatti:  “Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a Cristiani e ad Ebrei, questo Sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo.”

Guardando oggi a questi quarantadue anni di dialogo, con gli sviluppi ed i risultati da esso registrati, non possiamo non provare un sentimento di gratitudine verso Dio per il camino percorso; si è radicata infatti una più salda amicizia ed una comprensione reciproca più profonda. Un segno particolarmente significativo di tutto ciò è la “Giornata dell’ebraismo” che viene oggi celebrata dalla Chiesa in Italia, in Austria ed in Polonia. Questo evento a scadenza annua mira a far riprendere coscienza delle radici ebraiche del cristianesimo e del legame teologico che unisce cristianesimo ed ebraismo. Il 17 gennaio, qui in Italia ed in altri paesi, precede direttamente la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani; in un certo senso, dal punto di vista teologico, è come ampliare il nostro sguardo e riconoscere l’origine ebraica della nostra Chiesa e di tutte le comunità cristiane.

La radice comune è costituita dall’ebraismo che arriva fino alla seconda distruzione del tempio nel 70 d. C.; la separazione della Chiesa dalla Sinagoga è la prima grande divisione attinente alla vita della Chiesa con effetti perduranti; nel corso dei secoli vi sono stati ulteriori divisioni e differenziazioni tra i cristiani. Per questo, è appropriato che la “Giornata dell’ebraismo” sia così vicina alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, anche se naturalmente lo scopo del dialogo interreligioso è diverso da quello del dialogo ecumenico tra cristiani. Mentre quest’ultimo mira alla “visibile unità della Chiesa di Gesù Cristo”, il dialogo interreligioso intende promuovere il rispetto reciproco nell’amicizia e nella collaborazione a favore della pace e della giustizia, in un mutuo arricchimento che permette ad ognuno di preservare la propria identità.

Il dialogo tra ebrei e cristiani rientra nella sfera del dialogo interreligioso, ma riveste un ruolo del tutto particolare, di prioritaria importanza. Nella tradizione giudeo-cristiana si dice che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26-27), dotandolo di una dignità, inviolabile. Ebrei e cristiani riconoscono la santità della vita umana, poiché essa proviene da Dio. E i cristiani s’inseriscono nella tradizione ebraica del monoteismo, che è adorazione del solo ed unico Dio di Israele. L’allora cardinale Jospeph Ratzinger, in un articolo de L’Osservatore Romano del 29 dicembre 2000 dal titolo “L’eredità di Abramo dono di Natale”, sottolinea il legame tra la fede in Dio d’Israele e la fede cristiana, dicendo: “Compito del popolo eletto è quindi donare il loro Dio, il Dio unico e vero, a tutti gli altri popoli, e in realtà noi cristiani siamo eredi della loro fede nell’unico Dio.” Quest’idea è stata presentata anche da parte ebraica nella dichiarazione teologica del 10 settembre 2000 dal titolo Dabru Emet (“Dite la verità”): “Prima della nascita del cristianesimo, gli ebrei erano gli unici adoratori del Dio di Israele. Ma anche i cristiani adorano il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, creatore del cielo e della terra. Anche se il culto cristiano non è una scelta religiosa possibile per gli ebrei,… ci rallegriamo che, attraverso il cristianesimo, centinaia di milioni di persone sono entrate in relazione con il Dio d’Israele”.

Il fatto stesso che ebrei e cristiani adorano l’unico Dio e credono che l’uomo sia creato ad immagine divina evidenzia la specificità ed unicità del rapporto tra ebraismo e cristianesimo, come scrive il Cardinale Ratzinger nell’articolo sopraccitato: “È evidente che il dialogo di noi cristiani con gli ebrei si colloca su un piano diverso rispetto a quello con le altre religioni. La fede testimoniata nella Bibbia degli ebrei, l’Antico Testamento dei cristiani, per noi non è un’altra religione, ma il fondamento della nostra fede.” Quest’affermazione si riallaccia alle parole di Giovanni Paolo II, nel discorso pronunciato durante la sua visita storica alla Sinagoga di Roma il 13 aprile del 1986: “La religione ebraica non ci è «estrinseca», ma in un certo qual modo, è «intrinseca» alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione.”

Alla luce di queste riflessioni teologiche, comprendiamo perché la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa Sede sia situata presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, al fine di promuovere il dialogo con gli ebrei. Tutti i dialoghi della Santa Sede con le altre Chiese e Comunità cristiane, con le religioni e le culture del mondo hanno due dimensioni: quella “ad intra” e quella “ad extra”. Fanno parte del dialogo “ad intra” tutti gli sforzi che hanno un impatto sulla nostra Chiesa e che da essa sono marcati; ciò che si compie per far conoscere a tutti i livelli ecclesiali i risultati ed i progressi del dialogo e per elaborare orientamenti e linee guida ad essi conformi. In questo contesto, è di particolare importanza il campo della formazione, poiché alle generazioni future spetta il compito di proseguire il dialogo con l’ebraismo.

In occasione del XL Anniversario di promulgazione di Nostra aetate il 27 ottobre 2005, la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo ha invitato i suoi consultori ed i delegati delle Conferenze episcopali responsabili del dialogo con l’ebraismo (ovvero del dialogo interreligioso) di quei paesi in cui è presente una vivace comunità ebraica. Tra i suggerimenti avanzati, ci è stato chiesto un approfondimento delle riflessioni teologiche al fine di sviluppare pian piano una “teologia cristiana dell’ebraismo”. In questa prospettiva, ha avuto luogo un incontro di teologi cattolici dal 19 al 22 ottobre 2006 ad Ariccia, organizzato da quattro istituti per il dialogo con gli ebrei (Chicago, Boston, Lovanio, Roma) per discutere di alcuni temi teologici.

Dal tempo della promulgazione di Nostra aetate, nel campo cattolico a livello accademico, ci sono stati interessanti spunti teologici ed approfondite riflessioni su come impostare nuovamente il rapporto tra la nostra Chiesa e l’ebraismo. La Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo ritiene che sia suo compito promuovere ed accompagnare tali dibattiti.  Vi sono diverse questioni teologiche aperte, ad esempio: il rapporto tra l’Antico ed il Nuovo Testamento; la relazione tra la Sinagoga e la Chiesa nei suoi sviluppi storici; la questione di come conciliare la Tora come strumento di salvezza per gli ebrei e le premesse del cristianesimo; la natura missionaria della nostra Chiesa di fronte all’ebraismo. Tuttavia, non esiste ancora un pensiero sistematico e generale per una teologia cristiana dell’ebraismo, anche se sono stati elaborati alcuni documenti di riferimento, come i tre testi della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo: “Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione della dichiarazione conciliare Nostra aetate, n. 4” 1974; “Ebrei ed ebraismo  nella predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica. Sussidi per una corretta presentazione”, 1985; “Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoa”, 1998.

Per ciò che concerne il dialogo ebreo-cattolico “ad intra”, la Commissione è stata incaricata dal Santo Padre di prendere contatto con le varie Conferenze episcopali circa l’opportunità e la possibilità di introdurre una “Giornata dell’ebraismo” a livello mondiale o a livello delle singole Conferenze, sul tipo di quella festeggiata in Italia, in Austria ed in Polonia; in questi paesi tale commemorazione è stata accolta favorevolmente.

Il dialogo “ad extra” riguarda i contatti della Commissione della Santa Sede con l’ebraismo in tutte le sue forme, correnti e sfaccettature. L’ebraismo odierno è multiforme e variegato, e la distinzione tra ebraismo ortodosso, conservatore e liberale è solo una delle tante possibilità di classificazione. La Commissione tenta di allacciare e promuovere il dialogo con le varie tendenze all’interno dell’ebraismo. Vanno citati in questo contesto soprattutto due dialoghi istituzionalizzati.

Sin dall’inizio del dialogo inaugurato dal Concilio Vaticano Secondo, la Commissione è in contatto con l’ International Jewish Committee on Interreligious Consultations (IJCIC), organizzazione comprendente quasi tutte le agenzie ebraiche più importanti a livello internazionale. Durante gli ultimi tre anni si sono tenuti due incontri dell’International Catholic-Jewish Liaison Committee (ILC), uno a Buenos Aires, Argentina (5-8 luglio 2004) sul tema “Justice and Charity”, ed uno a Città del Capo, Sud Africa (4-7 novembre 2006) sul tema “Healthcare – Dignifying God’s Image”. Alla conclusione di ciascun incontro è stata rilasciata una dichiarazione congiunta che esprime le posizioni comuni tra ebrei e cattolici. In Argentina è stato possibile attuare progetti comuni per combattere la povertà, causata dalla forte crisi economica, e prestare aiuto soprattutto ai bambini malnutriti. In Sudafrica si sta elaborando un progetto comune di aiuti concreti nella lotta contro l’AIDS. A livello internazionale cresce sempre più la disponibilità a collaborare nell’ambito della giustizia sociale. L’atmosfera di questi convegni è caratterizzata da uno spirito di amicizia e dalla volontà di approfondire le nostre relazioni.

L’altro dialogo istituzionalizzato è quello con il Gran Rabbinato di Israele. Inaugurato nel 2002 in seguito alla visita di Papa Giovanni Paolo II in Israele, è diventato uno dei principali pilastri delle relazioni tra ebraismo e Santa Sede. In questi anni sono stati organizzati sei incontri, tenutisi in alternanza a Roma e a Gerusalemme, su temi diversi tra cui alcuni attinenti all’ambito teologico: la santità della vita umana, i valori della famiglia, l’importanza delle Sacre Scritture per la società e l’educazione, la giustizia sociale e il comportamento etico, la relazione tra autorità religiosa e civile, la relazione tra vita umana e tecnologia. Questo dialogo ha aperto una “buona tradizione”; i due Gran Rabbini d’Israele hanno incontrato personalmente Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI a Roma in udienza privata. Come conseguenza di questo dialogo si è notata un’apertura significativa al dialogo con la Chiesa cattolica anche da parte di altri ebrei ortodossi, e la disponibilità a trattare temi religiosi nelle discussioni. Il prossimo incontro avrà luogo a Gerusalemme nel marzo 2007.

Se consideriamo nell’insieme gli sviluppi e la situazione attuale del dei rapporti religiosi tra ebrei e cattolici, possiamo essere profondamente grati per i risultati conseguiti e guardare al futuro pieni di fiducia. Il dialogo con l’ebraismo coinvolge la nostra stessa identità cristiana, poiché il cristianesimo può essere compreso veramente solo partendo dalle sue radici ebraiche. Dio si è fatto uomo nell’ebreo Gesù di Nazareth; questo non è un caso, ma è parte del disegno salvifico di Dio. Nel quarto capitolo del Vangelo di Giovanni, durante la conversazione tra Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe, viene affrontata la questione di dove sia opportuno adorare Dio. Gesù dice alla donna che “la salvezza viene dai Giudei” (Gv 4,22) e che “i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Gv 4,23). La salvezza viene dai Giudei, la salvezza viene dall’ebreo Gesù di Nazareth, che i cristiani riconoscono come il Cristo e il Figlio di Dio, come il fondamento della nostra Chiesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'Osservatore Romano, 17 gennaio 2007