I rapporti della Santa Sede con le Chiese ortodosse

 

La pandemia non ha interrotto il dialogo

 

Monsignore Andrea Palmieri
Sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani

 

La cronaca dei rapporti fra la Santa Sede e le Chiese ortodosse nel 2020 appare senza dubbio molto meno ricca rispetto a quella degli anni precedenti. Il rapido diffondersi del virus covid-19 a partire dai primi mesi dell’anno da poco concluso ha costretto ad annullare o a rimandare molte visite e riunioni. Tuttavia, nonostante la grave crisi sanitaria, si sono realizzati alcuni eventi, che mostrano come il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa è proseguito anche in tempo di pandemia.

Uno degli eventi più significativi è stata la visita a Roma del patriarca ecumenico Bartolomeo, che ha avuto luogo dal 19 al 22 ottobre. Il 20 mattina il patriarca Bartolomeo si è recato al Centro internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (Roma), dove ha incontrato la presidente Maria Voce e ha reso omaggio alla tomba di Chiara Lubich, fondatrice del movimento, nel centesimo anniversario della sua nascita. Nel pomeriggio, il patriarca, insieme a Papa Francesco e a rappresentanti di altre Chiese e tradizioni religiose, ha partecipato all’Incontro internazionale per la pace, sul tema «Nessuno si salva da solo. Pace e fraternità», organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Il 21 mattina, il patriarca Bartolomeo ha ricevuto il titolo di dottore honoris causa in filosofia dalla Pontificia Università Antonianum per il suo impegno a favore della salvaguardia del creato. Infine, il 22 mattina, si è tenuto un incontro privato tra Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo.

Poco prima dello scoppio dell’epidemia in Italia, il 13 febbraio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata un’altra personalità del mondo ortodosso, il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. L’udienza ha avuto luogo all’indomani della commemorazione del quarto anniversario dell’incontro tra Papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill, tenutosi il 12 febbraio 2016 a L’Avana, commemorazione organizzata a Roma congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dal dipartimento guidato dal metropolita Hilarion. In tale occasione, presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, si è tenuto un convegno dal titolo «Santi. Segni e semi dell’Unità», nel quale sono intervenuti relatori cattolici e ortodossi. In serata, nella basilica papale di San Giovanni in Laterano, hanno cantato il coro sinodale di Mosca e il coro della Cappella musicale pontificia sistina. Nello stesso giorno, presso la sede del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, si è riunito il Gruppo misto di lavoro per il coordinamento di progetti culturali e sociali tra la Santa Sede e la Chiesa ortodossa russa, co-presieduto dal cardinale Kurt Koch e dal metropolita Hilarion.

Il 27 febbraio, Papa Francesco ha donato al patriarca della Chiesa ortodossa bulgara Neofit alcune reliquie di san Clemente, Papa e martire, e di san Potito, martire, che, secondo un’antica tradizione, sono legati a Sardica, nome originario di Sofia, capitale della Bulgaria, in ricordo del viaggio apostolico del maggio 2019. La cerimonia di consegna si è svolta presso la residenza del patriarca per mano del nunzio apostolico in Bulgaria, monsignor Anselmo Guido Pecorari. Alcuni mesi più tardi, il 16 settembre, le reliquie donate dal Papa sono state trasferite con una solenne processione dalla sede del Vicariato di Sofia all’antica chiesa di Santa Sofia, con la partecipazione del clero ortodosso. La processione è stata presieduta dal vicario del patriarca per la città di Sofia, il vescovo Policarpo, che ha salutato cordialmente la delegazione cattolica presieduta da monsignor Christo Proykov, presidente della Conferenza episcopale bulgara. Quanto avvenuto a Sofia assume una particolare rilevanza ecumenica, se si ricorda che la Chiesa ortodossa bulgara da oltre dieci anni non partecipa ai lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme e non è più membro del Consiglio ecumenico delle Chiese. È degno di nota che, in contesti in cui il dialogo ecumenico è percepito come una minaccia per la propria identità, l’ecumenismo spirituale è capace di aprire nuove prospettive e di mantenere vivi contatti altrimenti impossibili.

La pandemia ha parzialmente impedito la consueta realizzazione dello scambio di visite di delegazioni ufficiali tra la Santa Sede e il Patriarcato ecumenico in occasione delle rispettive feste patronali. Il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, interrompendo una consolidata tradizione degli ultimi decenni a causa delle limitazioni alla possibilità di viaggiare per limitare la diffusione del coronavirus, la delegazione del Patriarcato ecumenico non ha potuto essere presente a Roma. Una delegazione della Santa Sede è invece riuscita a recarsi a Istanbul, per partecipare alle celebrazioni in onore di sant’Andrea, il 30 novembre.

La crisi sanitaria ha dato occasione di trovare nuove forme di contatti ecumenici. In questa prospettiva, alla fine dell’Angelus di domenica 22 marzo, Papa Francesco ha proposto a tutti gli altri capi di Chiesa di rispondere alla minaccia della pandemia recitando idealmente e contemporaneamente la preghiera del Signore, il Padre Nostro, il successivo mercoledì 25 marzo, solennità dell’Annunciazione. L’invito del Papa è stato accolto da molti capi di Chiese ortodosse, tra i quali il patriarca ecumenico Bartolomeo, che si sono uniti in diverse modalità nell’invocare la misericordia di Dio per l’intera umanità e soprattutto per le vittime della pandemia.

Inoltre, il 23 aprile, Papa Francesco ha donato alcune attrezzature mediche, tra cui cinque ventilatori, mascherine e indumenti protettivi, all’ospedale di San Giovanni di Suceava, in Romania, dove la maggioranza della popolazione è ortodossa. Per questo motivo, nella stessa data, il patriarca della Chiesa ortodossa romena Daniel ha inviato al Papa una lettera per esprimere la sua gratitudine.

Tristemente, nel 2020, il covid-19 ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo, tra i quali purtroppo vi sono stati anche numerosi vescovi ortodossi appartenenti a diverse Chiese. In particolare, il 20 novembre, a causa del nuovo coronavirus, è deceduto il patriarca della Chiesa ortodossa serba Irenej. Al rito funebre, in rappresentanza della Santa Sede, hanno partecipato il nunzio apostolico in Serbia, monsignor Luciano Suriani, e l’arcivescovo di Belgrado, monsignor Stanislav Hočevar, i quali hanno trasmesso un messaggio di condoglianze di Papa Francesco al metropolita Hrisostom di Dabar-Bosna, locum tenens del trono patriarcale. Infine, va menzionato che anche il dialogo teologico ufficiale tra cattolici e ortodossi ha subito un rallentamento a motivo della pandemia, ma non si è arrestato del tutto. Nel 2020 infatti era prevista una riunione del Comitato di coordinamento della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme, da tenersi a settembre a Rethymno, Creta (Grecia), durante la quale il comitato avrebbe esaminare una nuova bozza di un documento dal titolo Primato e sinodalità nel secondo millennio e oggi, su cui sta lavorando già da alcuni anni, al fine di valutare se il testo fosse maturo per essere sottoposto allo studio e all’eventuale approvazione della plenaria della Commissione. Tale riunione avrebbe dovuto essere preceduta da un incontro di un piccolo gruppo misto di redazione con lo scopo di inserire nella bozza del documento le osservazioni proposte dai membri del Comitato di coordinamento riunitasi nel 2019. Considerata l’emergenza sanitaria e la difficoltà di viaggiare in sicurezza, i due co-presidenti della Commissione mista internazionale, il cardinale Kurt Koch e l’arcivescovo Job di Telmessos, hanno concordato di rinviare la riunione del Comitato di coordinamento a data da destinarsi, auspicabilmente nel 2021 se la situazione sanitaria lo permetterà. Per gli stessi motivi non è stato possibile realizzare l’incontro del gruppo di redazione. Tuttavia, grazie a un fitto scambio di corrispondenza elettronica, i membri del gruppo sono riusciti a portare a termine il compito loro affidato. Pertanto, nonostante le circostanze avverse, è stata preparata la nuova bozza di documento da sottoporre al Comitato di coordinamento che si riunirà non appena possibile. Ovviamente, la bozza di documento non potrà essere pubblicata fino a quando la Commissione mista internazionale in una sessione plenaria non deciderà al riguardo.

Come si è visto, le restrizioni legate alla pandemia non hanno fermato il cammino della ricerca dell’unità dei cristiani. Anzi, le drammatiche conseguenze da essa determinate hanno fatto sì che in diverse maniere si esprimesse una reale vicinanza e una fattiva solidarietà tra la Santa Sede e le Chiese ortodosse. Poiché il movimento ecumenico è innanzitutto un’opera dello Spirito Santo, non deve stupire che lo Spirito di Dio sia in grado di suscitare del bene anche nelle situazioni più dolorose come quelle che abbiamo vissuto nel 2020 e che continuiamo tutt’oggi a sperimentare.

 

L’Osservatore Romano, 23 gennaio 2021