Cosa dicono le Chiese della Chiesa?
Il rapporto pubblicato nel 2021 a cura della Commissione Fede e Costituzione del Cec presenta i punti salienti delle risposte delle Chiese e altri gruppi ecumenici a un testo sui progressi del cammino comune
Reverendo Andrzej Choromanski
Officiale della sezione occidentale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani
L’ecclesiologia negli studi della Commissione Fede e Costituzione
Il raggiungimento della piena comunione ecclesiale tra le Chiese non sarà possibile senza una visione comune della Chiesa, della sua natura, della sua missione e della sua unità. Ecco perché l’ecclesiologia è uno dei temi principali negli studi di Fede e Costituzione, la Commissione teologica del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) in cui il dieci per cento dei membri è costituito da cattolici. La nozione di comunione (koinonia) è stata individuata come concetto appropriato per esprimere il nucleo del mistero della Chiesa, ed è stata adottata per la ricerca di prospettive comuni sull’ecclesiologia. Nel 2013 la Commissione ha pubblicato il testo intitolato «La Chiesa: verso una visione comune». Il documento si definisce “testo di convergenza”: riunisce una serie di interpretazioni ecclesiologiche e tenta di spiegare fino a che punto sono arrivate le comunità cristiane nella loro comprensione comune del concetto di Chiesa. Senza pretendere di esprimere un pieno consenso su tutte le questioni prese in esame, il documento mostra i progressi compiuti e indica il lavoro che resta da fare. Il documento presenta il mistero della Chiesa alla luce del mistero della Trinità e mette a fuoco il concetto di natura, missione e unità della Chiesa partendo dalla nozione di comunione, e menzionando elementi chiave come la fede apostolica, la vita sacramentale, il ministero, la testimonianza comune e il servizio al mondo.
Il rapporto sulle risposte a «La Chiesa: verso una visione comune»
Dalla sua pubblicazione, il documento «La Chiesa: verso una visione comune» è stato tradotto in più di venti lingue e inviato alle Chiese membro del Consiglio ecumenico delle Chiese e ai vari partner ecumenici, che sono stati sollecitati a fornire riscontri ufficiali. L’ufficio di Ginevra della Commissione Fede e Costituzione ha ricevuto 78 risposte da Chiese, consigli nazionali di Chiese, gruppi ecumenici e studiosi. Tra il 2015 e il 2020 un gruppo ecumenico di esperti nominati da Fede e Costituzione, tra cui alcuni teologi cattolici, si è riunito regolarmente per analizzare le risposte che man mano arrivavano. I risultati di questo lavoro sono stati recentemente pubblicati in un rapporto intitolato «Cosa dicono le Chiese sulla Chiesa? Risultati e proposte chiave delle risposte a “La Chiesa: verso una visione comune”» (Faith and Order, Paper n. 236, Wcc Publications, Ginevra, 2021). Il rapporto presenta alcuni dei punti salienti emersi dalle risposte. Espone ciò che le Chiese sono in grado di dire con una sola voce sulla Chiesa, quali interrogativi restano aperti, e quali strade potrebbero essere suggerite per il futuro.
Più convergenze che divergenze
Secondo il rapporto, risulta evidente dalle risposte che esistono più convergenze che divergenze tra le Chiese in merito alla visione della Chiesa. Tutte le Chiese concordano nel professare che la Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica; che è per sua natura missionaria; e che è chiamata a realizzare la sua vocazione nel servire il mondo, conformemente alla volontà di Dio. Esiste un ampio consenso sul fatto che il concetto di comunione (koinonia) esprima bene la visione della Chiesa e della sua unità quale obiettivo del movimento ecumenico. Il rapporto incoraggia Fede e Costituzione a riflettere ulteriormente su questo concetto insieme ad altri concetti come l’alleanza o il popolo di Dio. Nuove prospettive possono essere sviluppate anche combinando l’ecclesiologia di comunione, che ha una forte dimensione eucaristica, con una più robusta ecclesiologia battesimale. In particolare, la prospettiva battesimale potrebbe aiutarci a porre maggiormente l’accento sul ministero dell’intero popolo di Dio e a pervenire a una visione più equilibrata del ministero ordinato, tema, questo, che continua ad essere controverso tra le Chiese.
Unità visibile e mutuo riconoscimento
Le Chiese concordano sul fatto che la comunione incompleta che già le unisce deve crescere fino a raggiungere l’unità piena e visibile. Tuttavia, mentre alcune Chiese continuano a dichiarare che l’unità visibile deve concernere l’unità istituzionale, altre esprimono il desiderio di trovare l’unità in modi nuovi. Esse sottolineano la difficoltà di avanzare verso l’unità su questioni come l’autorità o il ministero e propongono che si rifletta maggiormente sulla riscoperta di una visione dell’unità visibile che includa la collaborazione in favore della pace, della giustizia e della cura del creato, ma che non necessariamente comprenda strutture comuni di vita pastorale o uguali forme di ministero. L’enfasi è mutata considerevolmente: meno attenzione è riservata all’unità visibile intesa come unione organica che richiede un accordo dottrinale e strutture decisionali comuni, rispetto a un’unità che diventa visibile, soprattutto a livello locale, attraverso la missione comune e l’agire congiunto al servizio del mondo. A volte il concetto di reciproco riconoscimento è considerato come un’alternativa promettente all’unità visibile. Coloro che propugnano questo nuovo paradigma ecumenico sostengono che il mutuo riconoscimento dovrebbe essere un atto di amore reciproco e di accettazione della differenza nel riconoscere gli altri cristiani come appartenenti alla “Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”, senza far parte della stessa comunità ecclesiale o denominazione. Diffusa è la convinzione che il concetto di mutuo riconoscimento debba essere oggetto di ulteriore studio ecumenico.
L’ecumenismo del camminare insieme
Secondo alcune risposte, la risoluzione di importanti divergenze dottrinali è condizione necessaria per realizzare la piena comunione ecclesiale. Tuttavia, in altre risposte si nota che il dialogo dottrinale si è rivelato inefficace nel riunire comunità divise anche quando sono stati raggiunti accordi significativi, come ad esempio quello tra cattolici e luterani sulla questione della giustificazione. Viene invocato l’“ecumenismo del camminare insieme”, in cui non si facciano più valere le tradizionali distinzioni all’interno del movimento ecumenico, e si tenti di conseguire una nuova sintesi tra dimensione spirituale, dottrinale e pratica dell’ecumenismo. Alcune risposte testimoniano che in molti luoghi vi è un desiderio tangibile di andare verso un ecumenismo comprendente modelli di vita condivisi, abitudini pastorali comuni e collaborazioni concrete. Non mancano esempi di ricezione, nella vita di una comunità, di intuizioni e pratiche di altre confessioni. Questa accoglienza ecumenica testimonia la diffusione di una spiritualità ecumenica che, mentre si concentra sulla pratica della preghiera e dell’azione condivisa in risposta ai bisogni più urgenti del mondo, lascia le divergenze dottrinali al dialogo tra gli esperti.
Una nuova visione della missione
All’interno della comunità ecumenica, anche l’interpretazione della missione è cambiata considerevolmente. L’attenzione è rivolta meno alla concezione tradizionale della missione come annuncio del vangelo per l’evangelizzazione e più alla missione come servizio reso al mondo per il superamento delle ingiustizie. Alcune risposte esortano le Chiese a concentrarsi sull’azione piuttosto che sulle parole, sul servizio piuttosto che sul credo, e a non limitarsi a professare l’amore di Dio per il mondo, ma a testimoniarlo concretamente. In alcuni contesti in cui il cristianesimo sta perdendo influenza le Chiese si trovano davanti alla nuova sfida di proclamare il vangelo in culture che sono indifferenti o ostili alla religione. In questi casi, l’appello all’unità nella missione si fa più urgente, perché le divisioni tra i cristiani minano la credibilità della loro testimonianza agli occhi del mondo.
Conciliarità e sinodalità
In molte delle risposte, la conciliarità e la sinodalità sono riconosciute con convinzione come aspetti essenziali della vita della Chiesa a tutti i livelli. I sinodi sono apprezzati come strumenti preziosi per mantenere la comunione tra le comunità locali e al loro interno. Talvolta viene richiesta la creazione di adeguate strutture conciliari che coinvolgano Chiese di diverse confessioni. Cresce anche la consapevolezza che una sorta di supervisione (episkopé) sia necessaria a tutti i livelli della vita della Chiesa per preservare la comunione. Questo ministero può essere esercitato come un ministero personale, sinodale e comunitario.
Approfondimenti e prospettive nella risposta cattolica a «La Chiesa: verso una visione comune»
Nell’ottobre del 2019, è stata presentata un’ampia risposta cattolica di oltre 65 pagine, preparata dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (Pcpuc) in consultazione con le Conferenze episcopali mondiali, con le facoltà teologiche, con i movimenti laicali e con vari esperti, e con l’approvazione della Congregazione per la dottrina della fede. La risposta sottolinea che, sebbene alcune affermazioni del documento non corrispondano pienamente all’insegnamento cattolico, la visione generale della Chiesa è “in armonia” con esso, così come viene espresso nei documenti del concilio Vaticano II . «La Chiesa: verso una visione comune» presenta convergenze cruciali sul concetto di Chiesa che riflettono, in modo sostanziale, l’autocomprensione ecclesiologica della Chiesa cattolica. Basato su un’interpretazione comune delle Scritture, il documento si ispira alla convinzione che Dio ha un disegno per la sua Chiesa; ciò significa che alcuni aspetti della natura, della missione e dell’unità della Chiesa vanno considerati come determinati dalla volontà di Dio (de iure divino nella terminologia cattolica). L’interpretazione della Chiesa come comunione, con la sua dimensione trinitaria, eucaristica e battesimale, riflette sostanzialmente il recente magistero della Chiesa. La Chiesa cattolica è convinta che il documento costituisca una solida piattaforma per un fruttuoso dialogo futuro. Tra le questioni ancora controverse, ma che potrebbero essere affrontate in modo nuovo sulla base delle convergenze esposte nel documento, la risposta cattolica rileva le seguenti: il rapporto tra diversità e separazione, tra sacramenti e sacramentalità della Chiesa, la tradizione apostolica, il ruolo dell’autorità personale, sinodale e comunitaria al servizio dell’unità della Chiesa a livello locale, regionale e universale, e la necessità di un ministero universale del primato. Soprattutto quest’ultima questione potrebbe trovare nuove prospettive teologiche e pastorali alla luce del processo sinodale recentemente avviato da Papa Francesco con un importante coinvolgimento dei partner ecumenici della Chiesa cattolica.
Verso una visione più inclusiva della Chiesa
Se, da un lato, l’unità visibile rimane l’obiettivo dichiarato del movimento ecumenico, dall’altro le risposte evidenziano che le Chiese cercano di riflettere nuovamente su ciò che questa unità visibile potrebbe significare e comportare a livello concreto sulla base della convergenza raggiunta nel documento «La Chiesa: verso una visione comune». Indubbiamente, il documento fornisce alle Chiese preziosi strumenti teologici per sviluppare un’ecclesiologia più inclusiva che consenta loro di andare oltre interpretazioni parziali e di appianare false controversie. Si può solo sperare che la ricezione del documento nelle Chiese di tutto il mondo le aiuti a progredire insieme verso il superamento delle divisioni, al fine di realizzare sempre più la volontà di Gesù: che siano tutti una cosa sola (cfr. Giovanni, 17, 21).
L'Osservatore Romano, 19 gennaio 2022