Premesse e promesse di un dialogo

Il XX anniversario del dialogo ufficiale tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali

 

Rev.do P. Hyacinthe Destivelle, OP
Officiale della Sezione orientale
del Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani

 

La Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali celebra quest'anno il suo XX anniversario. In tale occasione, Papa Francesco riceverà i membri della Commissione in udienza privata il 26 gennaio, insieme ad una delegazione di giovani sacerdoti e monaci delle Chiese ortodosse orientali. L'anniversario sarà segnato anche da un atto accademico presso l'Istituto di Studi Ecumenici dell’Angelicum il 23 gennaio, durante il quale sarà presentato un libro commemorativo pubblicato dal Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

 

Dichiarazioni cristologiche

L’avvio del dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali – Chiese che riconoscono solo i tre primi concili ecumenici e per questa ragione sono anche chiamate “pre-calcedonesi” – è stato il frutto di numerosi incontri, sia ufficiali che non, sulla scia del concilio Vaticano II. Le consultazioni non ufficiali tra teologi cattolici e ortodossi orientali, tenutesi su iniziativa della Fondazione Pro Oriente a Vienna, in Austria, tra il 1971 e il 1978, hanno svolto un ruolo fondamentale. La famosa “Formula di Vienna”, accordo cristologico raggiunto dai teologi durante la prima consultazione del 1971, ha aperto la strada al superamento della millenaria controversia sorta intorno al concilio di Calcedonia (451).

Questa “formula” ha ispirato le dichiarazioni cristologiche firmate in occasione degli storici incontri tra i papi successivi e i capi delle varie Chiese ortodosse orientali: con il patriarca siro-ortodosso Ignazio Yacoub III nel 1971, con il papa copto ortodosso Shenouda III nel 1973, con il patriarca siro-ortodosso Ignazio Zakka I Iwas nel 1984, con il catholicos ortodosso malankarese Mathews I nel 1990, con il catholicos armeno Karekin I di Etchmiadzin nel 1996 e con il catholicos armeno Aram I di Cilicia nel 1997. Questi incontri hanno permesso talvolta anche di istituire commissioni bilaterali miste di dialogo teologico. Così nel 1973 è stata creata una commissione di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa copta ortodossa, attiva dal 1974 al 1979 e dal 1988 al 1992. Allo stesso modo, nel 1988 è stata istituita una commissione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa sira malankarese, fino ad oggi in attività.

 

Un dialogo con una “famiglia” di Chiese

Sulla base di questi dialoghi e accordi bilaterali, è stato possibile istituire una commissione con l'intera famiglia delle Chiese ortodosse orientali. Un comitato preparatorio si è riunito a Roma dal 27 al 29 gennaio 2003 sotto la co-presidenza del cardinale Walter Kasper e del metropolita copto ortodosso Anba Bishoy, e ha stabilito le regole di appartenenza, il piano di lavoro, l’ordine del giorno, le procedure, la metodologia e il calendario del dialogo. L’anno successivo si è tenuta la prima riunione della Commissione al Cairo, in Egitto, dal 27 al 30 gennaio 2004, dedicata all'esame dei numerosi incontri e studi svoltisi tra i rappresentanti della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse orientali nei trent'anni precedenti.

Dopo questo primo incontro, tra il 2005 e il 2024 hanno avuto luogo diciannove sessioni plenarie annuali, ospitate in alternanza (con la sola eccezione di quella del 2021, tenutasi online a causa della pandemia) dalla Chiesa cattolica a Roma (2005, 2007, 2009, 2011, 2013, 2015, 2017, 2019, 2022 e 2024) e da una delle Chiese ortodosse orientali (Chiesa copta ortodossa: 2004, 2016 e 2023; Chiesa apostolica armena – Etchmiadzin: 2006 e 2018; Chiesa siro-ortodossa: 2008 e 2020; Chiesa apostolica armena – Antelias: 2010; Chiesa ortodossa etiope Tewahedo: 2012; Chiesa ortodossa sira malankarese: 2014; la Chiesa ortodossa eritrea, la cui partecipazione è stata irregolare, non ha ancora ospitato alcun incontro). Ciascuna delle sette Chiese ortodosse orientali che partecipano al dialogo è rappresentata da due membri, di cui almeno un vescovo. La Chiesa cattolica è rappresentata da un numero uguale di quattordici membri, tra cui rappresentanti delle corrispondenti Chiese cattoliche orientali e teologi esperti delle tradizioni ortodosse orientali.

 

Tre documenti ecclesiologici

Il dialogo ha finora adottato tre importanti documenti di natura ecclesiologica, che riflettono la ricchezza delle tradizioni cristiane rappresentate nella Commissione: copta, siriaca, armena, malankarese, etiopica, eritrea e latina. La prima fase del dialogo è culminata nel 2009 con l'approvazione di un documento intitolato Natura, costituzione e missione della Chiesa, su alcune questioni ecclesiologiche fondamentali: il mistero della Chiesa, i vescovi nella successione apostolica, il rapporto tra sinodalità e primato e la missione della Chiesa. Nella loro conclusione, i membri della Commissione notavano con soddisfazione “un'ampia base di accordo su questioni fondamentali di ecclesiologia tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali” (§67).

La seconda fase è stata ultimata nel 2015 con l'adozione di uno studio intitolato L'esercizio della comunione nella vita della Chiesa primitiva e le sue ripercussioni sulla nostra ricerca di comunione oggi. Questo documento esamina le varie espressioni di comunione tra le Chiese nei primi cinque secoli: scambio di lettere e visite, sinodi e concili, preghiera comune e scambio di pratiche liturgiche, riconoscimento reciproco del martirio, monachesimo, venerazione dei santi e pellegrinaggi. I membri della commissione concludevano che “la piena comunione che esisteva tra le Chiese si esprimeva in molti modi diversi in una vasta rete di relazioni basate sulla convinzione comune che tutte le Chiese condividono la stessa fede” (§69) e rilevavano che, “in larga misura, la comunicazione che esisteva tra le loro Chiese nei primi secoli è stata ripresa negli ultimi anni” (§73).

Una terza fase del dialogo ha portato all'adozione nel 2022 di un documento intitolato I Sacramenti nella vita della Chiesa. Si tratta del primo documento di consenso ecumenico sul settenario sacramentale. Dopo un capitolo dedicato alla definizione dei sacramenti in generale, il documento descrive ciascuno dei sette sacramenti, analizzando gli sviluppi storici, la pratica attuale nelle diverse Chiese e le questioni ancora da approfondire. Il documento conclude affermando che “esiste un ampio consenso tra le nostre Chiese, sia nella teologia che nella pratica dei sacramenti” (§ 49).

L'attuale fase del dialogo si concentra sulla mariologia, un tema particolarmente promettente non solo perché è considerato, almeno dal concilio di Efeso (431), la pietra di paragone dell'ortodossia cristiana, ma anche perché si trova all'intersezione della cristologia, dell’ecclesiologia, della soteriologia e dell’antropologia.

 

Una metodologia pionieristica

La metodologia del dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali è pionieristica sotto tre aspetti. La sua prima caratteristica è l'applicazione, fin dall'inizio, di un approccio 'ermeneutico' che può essere descritto come un 'consenso differenziato' avant la lettre. Questo approccio ha permesso di risolvere l'annosa controversia cristologica riconoscendo che la stessa fede può essere espressa in modi diversi. Come sottolinea chiaramente la dichiarazione congiunta del 1990 con la Chiesa ortodossa sira malankarese: il contenuto della nostra fede “è lo stesso”, anche se “nella formulazione di questo contenuto, nel corso della storia, sono sorte differenze terminologiche e di enfasi”, tuttavia "queste differenze sono tali da poter coesistere nella stessa comunione e quindi non devono dividerci" (§ 8). Questa capacità di concepire l'unità nella differenza si spiega con la diversità della famiglia ortodossa orientale stessa. Come osserva la Commissione nel suo primo documento: “Radicata nella diversità dei contesti culturali, sociali e umani, la Chiesa assume diverse espressioni teologiche della stessa fede e diverse forme di discipline ecclesiastiche, riti liturgici e patrimoni spirituali in tutte le parti del mondo. Questa ricchezza mostra ancora più splendidamente la cattolicità dell'unica Chiesa” (§ 20).

Una seconda caratteristica del dialogo con le Chiese ortodosse orientali è la sua dimensione pastorale. Questo approccio ha portato alla firma di accordi pastorali che non hanno equivalenti nelle altre relazioni ecumeniche della Chiesa cattolica, sia in Oriente che in Occidente. Si può, per esempio, menzionare l'accordo firmato nel 1984 tra Giovanni Paolo II e il patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas che autorizza i fedeli a ricevere i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi in entrambe le Chiese in determinate circostanze, così come l'accordo sui matrimoni misti firmato nel 1994 con la Chiesa siro-ortodossa malankarese. Questa dimensione pastorale si evince dall'ultimo documento della Commissione, la cui terza parte è dedicata a conclusioni che raccomandano una più stretta collaborazione pastorale tra le Chiese, anche in campo sacramentale. Tale preoccupazione è anche illustrata dall’iniziativa della Commissione di organizzare reciproche visite di studio per giovani sacerdoti, al fine di coinvolgere nell’avvicinamento ecumenico i pastori attivi nelle comunità locali.

 

Un modello “comunionale”

Infine, una terza caratteristica di questo dialogo è la sua apertura a un modello ecclesiologico di ristabilimento dell'unità che può essere descritto come "comunionale". Eredi di Chiese sorte prima dell'emergere di una chiara gerarchia tra le varie sedi, gli ortodossi orientali si vedono come una “famiglia” di Chiese, una famiglia in comunione di fede e di sacramenti, ma che non ha un centro amministrativo e nemmeno un primato simbolico. Questa percezione è ereditata dall'esperienza della Chiesa primitiva: come sottolinea il secondo documento della Commissione, nei primi cinque secoli le espressioni di comunione tra le Chiese “non erano formali, nel senso che non si svolgevano all'interno di strutture chiare” e “tendevano a svolgersi principalmente a livello regionale; non c'era un chiaro punto di riferimento centrale” (§ 71). Questa osservazione è importante nella ricerca attuale di un modello per ristabilire la piena comunione con queste Chiese, modello che non può essere espresso solo in termini giuridici, ma sulla base di un'ecclesiologia di koinonia.

Approccio ermeneutico, dimensione pastorale, modello comunionale: tre caratteristiche metodologiche del dialogo con le Chiese ortodosse orientali che riguardano i tre livelli in cui deve essere raggiunta l'unità cristiana: nella fede, nei sacramenti e nel ministero. Tre livelli che corrispondono anche ai tria munera di Cristo. Dopo essersi divisi sulla cristologia, i cristiani si avvicinano ora a Cristo, profeta, sacerdote e re, e così facendo, si avvicinano gli uni agli altri.

 

L'Osservatore Romano, 18 gennaio 2024