ASSEMBLEA PLENARIA 2022

 

Relazione

Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo

 

 

P. Norbert Hofmann SDB, Segretario

 

 

Gli ultimi due anni del dialogo ebraico-cattolico sono stati segnati, come tutti i dialoghi, dalla pandemia. Per il 2020 erano previsti incontri importanti e grandi convegni, che sono stati però cancellati per motivi di sicurezza sanitaria. Neanche nel 2021 è stato possibile tenere riunioni in presenza. Inoltre, durante questo periodo, è stato impossibile organizzare ed effettuare visite di delegazioni ebraiche in Vaticano. Soltanto quest’anno, le visite di gruppi ebraici sono ricominciate, anche se singoli rabbini avevano già reso visita alla “Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo” nei mesi precedenti. In generale, i contatti con i partner ebrei non si sono interrotti durante questo periodo, poiché la comunicazione è proseguita telefonicamente e tramite i social media.

Poiché il dialogo ebraico-cattolico riguarda principalmente l’approfondimento delle relazioni umane e delle amicizie esistenti attraverso conferenze e progetti congiunti, non si è ritenuto opportuno sostituire gli incontri abituali in presenza con riunioni via Zoom. Tuttavia, alcuni incontri sono stati organizzati telematicamente al fine di mantenere i contatti, piuttosto che per affrontare nuove tematiche in termini di contenuto. Gli incontri di persona sono insostituibili per un dialogo vivo tra ebrei e cattolici. Nei prossimi mesi, nella misura in cui la situazione della pandemia lo consentirà a livello mondiale, si tenterà di dar vita nuovamente al dialogo nel suo formato tadizionale.

 

1. I due dialoghi istituzionalizzati con l’IJCIC e con il Gran Rabbinato d’Israele

La “Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo” organizza due dialoghi istituzionalizzati in collaborazione con i partner ebrei: uno dal 1971 con il cosiddetto “International Jewish Committee for Interreligious Consultations” (IJCIC), e uno dal 2002 con il Gran Rabbinato d’Israele.

La delegazione del Gran Rabbinato si riunisce normalmente ogni anno, a Gerusalemme o a Roma. L’ultimo incontro si è svolto dal 18 al 20 novembre 2018 a Roma su “La dignità dell’essere umano. I bambini nell’insegnamento ebraico e cattolico”. Il successivo incontro tra le due delegazioni, il XVII, previsto originariamente dal 9 al 12 dicembre 2019, poi posticipato dal 1 al 4 giugno 2020,  non ha potuto tenersi a causa della pandemia; ci auguriamo di poter riprendere anche queste conversazioni in condizioni normali il prossimo anno, nel 2023. La prossima fase di dialogo dovrebbe svolgersi a Gerusalemme, su un tema ancora da concordare.

Con l’ “International Jewish Committee for Interreligious Consultations” (IJCIC), l’ultimo incontro, il XXIV “International Liaison Committee Meeting”, si è svolto a Roma dal 13 al 16 maggio 2019. Il successivo avrebbe dovuto tenersi dal 26 al 29 ottobre 2020 in Brasile, a San Paolo, sul tema “Creati a immagine di Dio - Salvaguardare la dignità umana”. Dal 5 al 9 luglio 2020 era stata programmata a Siviglia (Spagna), insieme all’IJCIC, anche una “Conferenza sulla leadership emergente”; normalmente, durante questo tipo di conferenze, studenti ebrei e cattolici si conoscono e si scambiano idee. Non è stato possibile tenere nessuno dei due incontri internazionali a causa della pandemia. Una “delegazione di leaders” dell’IJCIC visiterà il Vaticano dal 27 al 30 giugno 2022 e, insieme alla nostra “Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo”, valuterà poi quali ulteriori passi potranno essere intrapresi. Si tratterà soprattutto della riorganizzazione degli incontri che sono stati cancellati.

 

2. Il 55° anniversario della promulgazione di “Nostra aetate” nell’ottobre del 2020

L’incontro programmato insieme all’IJCIC a San Paolo intendeva celebrare congiuntamente il 55° anniversario della promulgazione di “Nostra aetate”. Essendo stata cancellata questa conferenza, l’anniversario ha dovuto essere commemorato in modo diverso: in questa circostanza, il 28 ottobre 2020, vi è stato uno scambio di messaggi tra il Cardinale Kurt Koch e l’allora Presidente dell’IJCIC, il Rabbino Noam Marans, oltre a una dichiarazione comune, pubblicata anche sul sito web del Vaticano.

Il Cardinale Koch ha parlato di “una comunità di fratelli e sorelle tra ebrei e cristiani” e ha sottolineato il patrimonio spirituale condiviso dalle due tradizioni religiose. Nel suo messaggio, l’IJCIC notava che dopo “Nostra aetate” (n. 4) stiamo vivendo “un’epoca che ha trasformato due millenni di inimicizia in una benedizione di amicizia”. L’aspetto più importante è di fatti la crescente amicizia tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico, che rende ora possibile affrontare questioni controverse con apertura e fiducia. I due messaggi sono stati un chiaro segno a testimonianza dei grandi progressi realizzati nelle relazioni ebraico-cattoliche negli ultimi cinquantacinque anni, in linea con il pensiero espresso da Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, dove il Santo Padre ricorda che siamo tutti fratelli e sorelle creati a immagine di Dio.

 

3. L’interruzione del dialogo nell’agosto del 2021

Una frase di Papa Francesco, estrapolata dal suo contesto e tratta dall’udienza generale dell’11 agosto 2011 (“la Legge però non dà la vita, non offre il compimento della promessa”), ha spinto i nostri interlocutori ebrei del Gran Rabbinato d’Israele e dell’IJCIC a prendere posizione per iscritto, lamentandosi di quello che avevano percepito come uno svilimento della Torah da parte del Papa. Queste lettere, trapelate, hanno coinvolto la stampa, che a sua volta ha tentato di provocare una crisi nel dialogo ebraico-cattolico.

Alla fine, tuttavia, si è trattato di un “malinteso teologico”, perché Papa Francesco, nella frase citata, interpreta un passo della lettera ai Galati sullo sfondo della teologia di san Paolo (cfr. Gal 3,19.21-22). Non è corretto estrapolare alcune affermazioni né dal contesto del discorso del Santo Padre né da quello della teologia paolina, isolandole e proponendole come assolute. In una lettera del 3 settembre 2021, il Cardinale Kurt Koch ha risposto, a nome del Santo Padre, che Papa Francesco non disprezza la Torah ebraica, né vuole mettere a repentaglio l’amicizia con gli ebrei. Si tratta piuttosto dell’indiscussa convinzione cristiana che, per i cristiani, la salvezza non può essere raggiunta seguendo la Torah, ma unicamente professando Gesù Cristo come unico mediatore universale della salvezza. Questa piccola controversia è stata più o meno risolta con tale chiarimento. L’opinione pubblica pare avere poca familiarità con le questioni teologiche, e non ci si può aspettare che la parte ebraica comprenda nel dettaglio i misteri della teologia paolina.

 

4. Temi di dialogo e prospettive per il futuro

Dopo la pandemia, e con il graduale normalizzarsi della situazione sanitaria, è auspicabile che il dialogo possa riprendere nelle sue forme consuete. Nel corso degli anni esse si sono dimostrate utili ed efficaci, e adesso andrebbero dunque revitalizzate. La “Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo” è sempre aperta a nuove idee e a nuovi contatti. Tuttavia, per il carattere stesso del dialogo ebraico-cattolico, i contatti, gli scambi e gli incontri di persona dovrebbero continuare a essere prioritari e non dovrebbero limitarsi alla via telematica.

Per quanto riguarda i temi del dialogo ebraico-cattolico, la lotta comune contro l’antisemitismo sarà probabilmente messa in evidenza ancora una volta da parte ebraica, tanto più che, durante la pandemia, sono circolate teorie complottiste che riguardavano anche gli ebrei. Un altro argomento è attualmente oggetto di accesi dibattiti tra gli ebrei e anche tra alcuni esperti cattolici: il significato e l’importanza teologici della terra d’Israele. Al riguardo, il 5 aprile 2022, si è tenuto presso la Pontificia Università Gregoriana un incontro organizzato dal “Centro Augustin Bea” sul tema: “Cattolici ed ebrei nel territorio e nello Stato di Israele”. Poiché la Santa Sede stessa è un soggetto di diritto internazionale, essa può pronunciarsi in merito solo politicamente o diplomaticamente, ma non può esprimere affermazioni teologiche, che potrebbero poi essere strumentalizzate anche p