Saluto di Sua Eminenza il Cardinale Kurt Koch

per la commemorazione di San Gregorio di Narek

 

Atto accademico

Angelicum, 28 febbraio 2022

 

 

Eminenze, Eccellenze,

Reverendi Padri,

cari fratelli e sorelle,

Sono lieto che questa commemorazione ecumenica di San Gregorio di Narek ci dia anche quest'anno l'opportunità di celebrare l'amicizia tra la Chiesa cattolica e la Chiesa apostolica armena, e ancor più la reale comunione che già esiste tra le nostre Chiese.

Questa comunione reale, radicata nella nostra comune tradizione apostolica, si approfondisce costantemente nello scambio reciproco di doni, cioè, nelle parole di Papa Francesco, nella capacità di “raccogliere quello che lo Spirito ha seminato [nelle altre Chiese] come un dono anche per noi” (Evangelii gaudium 246).

In questo scambio di doni, i santi, i martiri e i dottori delle nostre Chiese occupano il primo posto. San Giovanni Paolo II lo ha affermato con forza nella sua Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente, dove ha riconosciuto che l'ecumenismo dei santi “è forse il più convincente” (37), e in seguito nella sua Enciclica Ut unum sint, dove ha persino dichiarato che “in una visione teocentrica, noi cristiani già abbiamo un martirologio comune” (84).

In tale martirologio comune una stella brilla con particolare splendore, e indica il cammino che ci resta da percorrere verso la piena comunione: San Gregorio di Narek. Questo monaco del decimo secolo, teologo, mistico e maestro di spiritualità al contempo, ha saputo esprimere più di ogni altro la sensibilità del popolo armeno. Ma il suo messaggio, pur essendo profondamente radicato nell'esperienza del suo popolo, ha una portata universale ed ecumenica.

Di questo messaggio universale vorrei menzionare tre aspetti. Il primo è quello della sincerità. San Gregorio di Narek è il “poeta della povertà umana”, come lo ha definito Giovanni Paolo II (Omelia, 21 novembre 1987). Come un nuovo salmista, parla a Dio “dal profondo del suo cuore”, per usare il titolo del volume presentato questa sera. Il suo linguaggio poetico e simbolico, che senza dubbio parla di più ai nostri contemporanei rispetto alla teologia concettuale, esprime l'esperienza esistenziale di ogni cristiano. Narek è infatti un “formidabile interprete dell'animo umano”, come dichiarò Papa Francesco nel suo Messaggio agli Armeni in occasione del centenario del “Metz Yeghern”.

Un secondo aspetto del messaggio universale di San Gregorio di Narek è quello della profonda fiducia in Dio in mezzo alle prove, fiducia che caratterizza la storia e la spiritualità del popolo armeno. San Gregorio sa meravigliosamente esprimere l'esperienza dell'umanità sofferente e peccatrice, ma illuminata dallo splendore dell'amore di Dio. L'angoscia della propria impotenza rimane sempre per lui aperta alla speranza nell'intervento salvifico di Dio, capace di trasformare tutte le cose. Come abbiamo cantato questa sera nella magnifica preghiera di San Gregorio: “Signore, il fuoco è per te come rugiada che rinfresca, e la pioggia, come fiamma che incendia. [...] Chi è vicino alla morte, tu lo dimetti nella delizia dei beni, e lo svergognato, lo fai rientrare dopo avergli unto di gioia il volto” (Libro delle Lamentazioni, 53).

Infine, un ultimo aspetto del messaggio di San Gregorio, e forse uno dei più commoventi, è quello della solidarietà universale radicata nella fraternità umana e nella comunione dei santi. Narek si identifica con i poveri e i peccatori di ogni tempo e luogo, intercedendo in favore di tutti e facendosi “l’offripreghiera di tutto il mondo” (Ibid., 28,2). Per lui, se siamo tutti salvati in Cristo, condividiamo anche in modo solidale tutte le colpe dei nostri simili. Come dice magnificamente: “Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe, da quelle del primo padre fino a quello dell’ultimo dei suoi discendenti, e me ne sono considerato responsabile” (Ibid, 72).

Anche se molto venerato tra il suo popolo e nella sua Chiesa, San Gregorio di Narek è rimasto ignorato per quasi mille anni da gran parte del mondo cristiano, soprattutto in Occidente. La sua recente riscoperta è uno dei frutti del movimento ecumenico. La sua proclamazione a dottore della Chiesa universale da parte di Papa Francesco nel 2015 è un magnifico esempio di scambio di doni al servizio dell’edificazione dell'unica Chiesa. Rende visibile l’invisibile “martirologio comune” invocato da Papa Giovanni Paolo II. La commemorazione spirituale e teologica che ci riunisce questa sera mostra come questa proclamazione non solo è un frutto del movimento ecumenico, ma porta nuovi frutti sul cammino delle nostre Chiese verso la piena comunione. Possa San Gregorio guidarci su questo cammino!

Vorrei ringraziare l'Arcivescovo Khajag Barsamian, rappresentante della Chiesa apostolica armena presso la Santa Sede, per aver organizzato questo evento ecumenico, in collaborazione con l'Istituto di Studi Ecumenici dell'Angelicum e l'Ambasciata d'Armenia presso la Santa Sede.

Per concludere, in questi giorni segnati da tante tensioni e guerre, come non ricordare un ultimo aspetto del messaggio di San Gregorio, che Papa Francesco ha definito “dottore della pace” (Incontro ecumenico e preghiera per la pace, Erevan, 25 giugno 2016). La solidarietà universale con l'umanità è un grande messaggio cristiano di pace, un grido pieno di dolore che implora misericordia per tutti. Che l'esempio e l'intercessione di San Gregorio ci guidino in questo cammino di unità e di pace.