AVERE PARTE ALLA VEGLIA DI DIO[1]


Kurt Cardinale Koch

19 aprile 2021

 

“Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre” (Sal 121,8). Con queste parole di benedizione del Salmo 121, in Israele il pellegrino veniva congedato dal Tempio. La protezione di Dio infatti non poteva cessare sulla soglia del santuario. Essa doveva piuttosto accompagnare il pellegrino sul suo cammino, quando tornava alla vita di tutti i giorni. Possiamo dunque essere certi che la protezione di Dio non finirà quando una persona si avvia sull’ultimo sentiero verso la sua dimora finale ed eterna, quando, cioè, si addormenta. Allora Dio, nostro Signore, veglia. Il guardiano di Israele non si addormenta. Questa è la confortante promessa fatta anche al nostro fratello defunto, il Cardinale Edward Idris Cassidy. Nella fede possiamo essere sicuri che si è addormentato nel mistero assoluto di Dio. È quindi un bene sapere anche, nella fede, che Dio non sta dormendo. È confortante sapere che Dio veglia senza mai stancarsi e senza mai cedere al sonno.

Dio veglia su di noi che viviamo sulla terra. E veglia davvero su coloro che non si sveglieranno mai più sulla terra e non saranno mai più desti tra di noi. Possiamo dunque sperare e confidare che Dio vegli anche sul nostro fratello che si è addormentato. Di fronte alla sua morte, questa è l’unica consolazione: che Lui, il nostro Padre celeste, non dorme né si addormenta. Non abbiamo altra consolazione. E non abbiamo nemmeno bisogno di un’altra consolazione. Perché questa è una buona notizia per i vivi e per i morti: che Dio è sveglio. Su di noi veglia, completamente desto.

Questa veglia di Dio consiste nel fatto che il Padre celeste soddisfa la richiesta rivoltagli da Gesù nel vangelo di oggi: “Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv 17,24). Cristo vuole che tutti coloro che gli appartengono siano con lui per sempre. Possiamo sperare che questa richiesta sia stata esaudita anche per il nostro fratello Edward Cassidy, che ha lavorato con passione per l’adempimento della preghiera di commiato di Gesù, che tutti siano una cosa sola. Gli sforzi del Cardinale Cassidy per ripristinare l’unità dei cristiani sono stati alimentati dalla sua chiara diagnosi su quanto è in gioco, per la fede cristiana e per il suo annuncio, con la divisione dei cristiani.

In un discorso tenuto a Treviri, dove è venerata la sacra tunica del Signore, il Cardinale Cassidy fece riferimento a questo indumento di Gesù, che le Sacre Scritture descrivono come inconsutile: “era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo” (Gv 19,23b).  Nel racconto di Giovanni della Passione, si dice che i soldati romani non osarono tagliare questa preziosa veste: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca” (Gv 19,24). Nella storia cristiana, quindi, la tunica di Gesù potrebbe servire da simbolo per l’unità della Chiesa come Corpo di Cristo. La tragedia di questa storia è, ovviamente, che i cristiani stessi hanno fatto esattamente ciò che i soldati romani non hanno osato fare. Il Cardinale Cassidy ha espresso questo dramma del cristianesimo diviso affermando che la tunica di Gesù si mostra “oggi a brandelli e a pezzi, in confessioni e denominazioni che, nel corso della storia, spesso hanno lottato l’una contro l’altra invece di adempiere il mandato del Signore di essere una cosa sola”.

Solo chi soffre a causa della situazione del cristianesimo tuttora diviso in questo senso può trovare anche la passione di lavorare a favore dell’unità dei cristiani. Anche questa è l’eredità che ci lascia il Cardinale Cassidy, che è entrato ora in quel mondo dove si compie l’unità dei defunti con Cristo e quindi anche dei defunti tra loro. Nella fede, chiamiamo questo nuovo mondo paradiso. Chi entra in contatto con il cielo, infatti, non solo incontra Dio, ma incontra anche, nell’apertura a Dio, la perfetta comunione degli esseri umani. Il paradiso non conosce isolamento e divisione; è la comunione aperta dei santi e quindi anche il compimento delle relazioni interpersonali.

Con la morte, il nostro fratello defunto ci viene portato via da questa terra in modo definitivo. Ma se crediamo che egli è morto in Dio e nella vita eterna di Dio, che lo veglia e che gli concede di prendere parte alla sua veglia, allora ci verrà restituito in modo nuovo, ovvero come un intercessore nel nostro lavoro a favore dell’unità dei cristiani con cui stiamo portando avanti oggi il suo grande impegno. Presentandogli questa intenzione, prendiamo commiato da lui con gratitudine e lo lasciamo nelle mani di Dio, il suo Creatore, raccomandando la sua vita e la sua opera al Dio misericordioso. Rimaniamo così uniti a lui e lui rimane unito a noi.

Nella fede ci viene dato il dono prezioso di un ponte che collega i due mondi, cielo e terra, vale a dire il ponte della fedele unità nella preghiera. Possiamo ora percorrere questo ponte in modo speciale quando celebriamo la Santa Eucaristia, la medicina dell’immortalità, il pharmakon athanasias, con il quale ci viene promessa la vita eterna, in cui è entrato il nostro fratello Edward Idris e in cui si compie la preghiera del pellegrino a Gerusalemme: “Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre”. Amen.

 

 

 

[1] Omelia per la messa in suffragio del Cardinale Edward Cassidy, 19 aprile 2021.