Omelia per la celebrazione eucaristica in occasione della Festa del Battesimo del Signore insieme ai membri del Comitato Cattolico per la Collaborazione Culturale ed insieme alla  Parrocchia nella Chiesa Parrochiale di Castiglione del Lago il 12 gennaio 2019

 

Il Battesimo di Gesù
come segnavia per la vita cristiana ed ecclesiale

 

Kurt Cardinale Koch

 

La Festa del battesimo di Gesù conclude il ciclo delle feste natalizie nel calendario liturgico e ci immette nella quotidianità dell’anno, in cui ciò che abbiamo celebrato durante il Natale vuole essere messo in pratica. Questa Festa è il ponte tra il tempo del Natale e il tempo ordinario della Chiesa e contiene dunque un importante segnavia per noi come Chiesa e anche per la nostra responsabilità ecumenica. Di fatti, il battesimo di Gesù ci ricorda anche il nostro stesso battesimo, che è il fondamento della vita cristiana, e ci pone davanti alla domanda molto personale di cosa significhi realmente essere battezzati. Come il battesimo di Gesù nel Giordano, anche il nostro battesimo è un evento che ci impegna profondamente. Questo è chiaro in particolar modo in due punti sottolineati espressamente dal Vangelo odierno, su cui vogliamo riflettere un po’.

 

Battezzati in una relazione con Cristo che dura tutta la vita

La pericope del battesimo di Gesù risponde innanzitutto alla domanda relativa alla sua identità. La risposta proviene dal cielo che si apre e dal quale una voce dice: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Lc 3, 22). Questa voce esprime la cosa più bella che si possa dire di una persona. Essa concede il suo pieno accordo a tale persona e non solo l’accoglie come è, ma le conferisce la sua più profonda identità.

Una voce simile ha parlato anche a noi nel momento del nostro battesimo: “Tu sei il mio figlio prediletto, tu sei la mia figlia prediletta, e in te mi sono compiaciuto”. Queste magnifiche parole risuonano all’inizio della nostra vita e costituiscono l’ouverture di tutta la nostra esistenza. A proposito del significato che una tale consapevolezza può assumere nella vita di una persona, il teologo protestante Wolfhart Pannenberg fornisce un’eloquente testimonianza. Egli fu battezzato da bambino, ma non ricevette un’educazione cristiana, poiché i suoi genitori si erano così allontanati dalla Chiesa da esserne usciti. “Ma quando da adolescente ho ritrovato la fede cristiana”, riconosce Pannenberg, “è diventato per me sempre più importante il fatto che Dio sia stato presente fin dall’inizio nella mia vita e che, attraverso l’atto del battesimo, abbia voluto la mia vita al suo servizio.”[1]

Di fatti, il battesimo si estende alla vita nella sua interezza e si spinge addirittura oltre la morte e l’oscurità del futuro fino alla vita eterna presso Dio, nella quale Dio ci accoglierà e ci riconoscerà definitivamente come il suo “figlio prediletto” e la sua “figlia prediletta”. Nel battesimo, pertanto, è già iniziata in noi la vita eterna, in forza del fatto che siamo stati pienamente uniti a Cristo.

 

Il battesimo come dialogo orante per tutta la vita

A ciò si collega la seconda osservazione del Vangelo odierno, che si trova espressa esplicitamente soltanto in Luca. L’evangelista inizia appositamente il racconto del battesimo di Gesù con le parole: “mentre Gesù […] stava in preghiera” (Lc 3, 21b). Luca è solito ritrarre Gesù come il Figlio di Dio che prega incessantemente, che ha a cuore, nel suo più intimo, il dialogo con il Padre e che a Lui si rivolge nella preghiera durante il suo operare terreno. Per questo, la preghiera è parte del battesimo di Gesù. Il battesimo di Gesù non è infatti un monologo, ma un dialogo.

Ciò vale anche per il nostro battesimo. Esso è l’inizio di un dialogo orante con Cristo, che va approfondito per tutta la vita. Di fatti, la preghiera non è semplicemente una pia attività più o meno isolata, ma è il comportamento di fondo dell’essere cristiani e della vita della Chiesa. La preghiera ci incoraggia a non comportarci in maniera vana e superba, per porre come cristiani e come Chiesa la nostra vita davanti a Dio, così come essa è. Se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo riconoscere che la condizione fondamentale della nostra esistenza è quella di dipendenza, di bisogno e quindi di mendicità. La nota di fondo primordiale della preghiera è l’invocazione d’aiuto, l’appello di S.O.S., nel suo senso originario: “Save our Souls!” Pregare non significa altro che riconoscere la nostra povertà ed affidarci completamente a Dio. “L’uomo è un mendicante di Dio” ha detto giustamente Sant’Agostino.

Nella preghiera, diventa visibile nella sua forma più evidente ciò che è avvenuto nel battesimo. La Sacra Scrittura ci dice che il battesimo si compie “nel nome di Gesù Cristo”. Viene utilizzata un’espressione analoga al linguaggio bancario del “trasferire fondi sul conto di qualcuno” per descrivere il battesimo come un passaggio di proprietà della propria vita a Cristo. Nel battesimo, Cristo offre a ciascuno personalmente la sua alleanza ed invita ciascuno ad allacciare con lui una relazione del tutto personale. Paolo appella pertanto i battezzati a considerarsi “morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rom 6, 11). A Paolo non sembra bastare il fatto che siamo battezzati; per lui è ancora più importante che siamo in Gesù Cristo e che viviamo in una reciproca, mistica compenetrazione tra Cristo e i cristiani, che è suggellata con il battesimo.

 

Battezzati nella Chiesa

A questo trasferimento della vita del fedele a Cristo, che avviene nel battesimo, è collegato un altro aspetto. Il battesimo non segna soltanto il passaggio di un individuo alla fede cristiana, ma anche la sua entrata nella comunità della Chiesa. Il passaggio esistenziale del battezzato a Cristo è inscindibile dal suo incorporamento nella Chiesa come Corpo di Cristo. Infatti, “essere in Cristo” come dono del battesimo è una realtà ecclesiale. “Essere in Cristo” è sinonimo di “essere nel Corpo di Cristo”.

Non è possibile separare l’appartenenza a Cristo dall’essere membro della Chiesa, come vorrebbe uno slogan che è diventato di moda alcuni decenni fa e che dice: “Gesù sì, Chiesa no”. Non può esserci contraddizione tra Cristo e la Chiesa, e questo nonostante i molti peccati degli uomini e delle donne che costituiscono la Chiesa. Lo slogan “Gesù sì, Chiesa no” non è conciliabile con l’intenzione di Cristo e non è dunque cristiano. La chiamata di fondo di ogni cristiano consiste piuttosto nel diventare e nell’essere membro del Corpo di Cristo.

Battesimo e Chiesa sono inseparabili fin dall’inizio. È di fatti il battesimo che mostra in modo più chiaro ciò che la Chiesa è, ovvero ek-klesia. È la comunità di coloro che sono stati chiamati da Dio e che da Dio sono stati “aggiunti” alla Chiesa, come raccontano gli Atti degli Apostoli a proposito della Pentecoste. Con la Pentecoste si compie la promessa di Giovanni Battista, secondo il quale dopo di lui che battezza soltanto con acqua verrà uno che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3, 16). Nel parlare della Pentecoste, raccontandoci che il cielo si apre nuovamente e sulla terra scendono fuoco e Spirito, Luca ci suggerisce che già gli apostoli avevano ricevuto quello stesso battesimo che è fonte di vita anche per noi oggi.

Il battesimo è la porta d’entrata nella Chiesa e, dunque, anche la porta d’entrata nell’ecumenismo. Il battesimo ed il suo mutuo riconoscimento sono il dato fondamentale di ogni sforzo ecumenico e quindi anche il motivo dell’appartenenza di tutti i battezzati alla Chiesa, come ha ricordato il Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano Secondo: “Coloro infatti che credono in Cristo ed hanno ricevuto validamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica.”[2] Il mutuo riconoscimento del battesimo costituisce il fondamento dell’ecumenismo ed anche la base del nostro lavoro nel Comitato Cattolico per la Collaborazione Culturale. L’ecumenismo cristiano è sempre, essenzialmente, ecumenismo battesimale.

 

L’arcobaleno di Dio su tutta la vita

Ecco che il cerchio si chiude: siamo battezzati per tutta la vita; siamo battezzati nel nome di Gesù Cristo e siamo chiamati ad una relazione personale di amicizia con Lui; siamo battezzati nella Chiesa come Corpo di Cristo ed è nostro compito ritrovare l’unità di questo Corpo. Questi sono i tre segnavia che ci offre la Festa del battesimo di Gesù e che noi possiamo riassumere come segue per la nostra vita personale e per la vita nella comunità della Chiesa: vivere come cristiani e come Chiesa significa soprattutto vivere da battezzati. Il battesimo è il liquido amniotico per la nuova vita nella Chiesa, per la quale possiamo essere riconoscenti e della quale possiamo rallegrarci.

Il battesimo è l’arcobaleno di Dio sulla nostra vita, la promessa del suo grande Sì, la porta della speranza e il segnavia che ci mostra cosa significa vivere da cristiani: nella concordia all’interno della nostra famiglia, nella comunione con la Chiesa di Dio, nel cammino personale e vitale a fianco di Gesù Cristo, percorrendo la sua stessa via, sempre consapevoli delle parole riconfortanti di Dio che instillano gioia profonda in noi come cristiani e nella vita della Chiesa: “Tu sei il mio figlio prediletto; in te mi sono compiaciuto”. Con questa approvazione divina foriera di speranza, che ci viene ricordata dalla Festa del battesimo del Signore, ci risulterà sicuramente facile il passaggio nel tempo ordinario dell’anno, in cui continua a risplendere la luce del Natale.

 

 

Prima lettura:      Is 40,1-5. 9-11
Seconda lettura:  Tit 2,11-14; 3,4-7
Vangelo:              Lc 3,15-16. 21-22

 

 

[1] W. Pannenberg, Die Bedeutung von Taufe und Abendmahl für die christliche Spiritualität, in: Ders., Beiträge zur Systematischen Theologie. Band 3: Kirche und Ökumene (Göttingen 2000) 74-85, zit. 80.

[2] Unitatis redintegratio, n. 3.