SVILUPPI E SFIDE NELL'ECUMENISMO ODIERNO [1]

Istanbul, 1° dicembre 2018

 

Kurt Cardinale Koch

 

“La cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo le proprie possibilità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici.”[2] Con questa chiara affermazione, il Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano Secondo, “Unitatis redintegratio”, ha evidenziato che, per la Chiesa cattolica, lo sforzo ecumenico volto a ripristinare l’unità dei cristiani non è un’opzione facoltativa, ma è un dovere al quale tutti i battezzati sono chiamati. In modo particolare, ciò vale per il Vescovo, in quanto guida di una comunità ecclesiale locale. Sui Vescovi, il Codice di diritto canonico delle Chiese cattoliche orientali afferma: “Poiché la sollecitudine di ristabilire l’unità di tutti quanti i cristiani spetta all’intera Chiesa, tutti i fedeli cristiani, ma specialmente i Pastori della Chiesa, devono pregare il Signore per questa desiderata pienezza di unità della Chiesa e darsi da fare partecipando ingegnosamente all’attività ecumenica suscitata dalla grazia dello Spirito Santo.”[3] Non meno esplicito è il diritto canonico della Chiesa latina, che, riferendosi al Vescovo, sottolinea: “Abbia un atteggiamento di umanità e di carità nei confronti dei fratelli che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica, favorendo anche l’ecumenismo, come viene inteso dalla Chiesa.”[4] Questa responsabilità assume un’importanza ancora maggiore per il fatto di essere iscritta nel quadro dell’esercizio del ministero pastorale del Vescovo, inteso come servizio all’unità, un’unità non solo della comunità diocesana, ma di tutti i cristiani.

 

1. Sull’impegno ecumenico di Papa Francesco

Il Vescovo di Roma, Papa Francesco, si fa carico in maniera esemplare di questa responsabilità, in continuità con i suoi predecessori, tramite innumerevoli udienze concesse a capi e rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, messaggi rivolti ai partecipanti di riunioni od eventi ecumenici in occasioni particolari, e scambio di visite ecumeniche, dove affiora con particolare chiarezza il suo appassionato impegno a favore dell’unità dei cristiani. Qui di seguito, ricorderò brevemente alcuni eventi significativi degli ultimi tempi.

Il primo grande evento è stata la partecipazione di Papa Francesco alla Commemorazione luterano-cattolica della Riforma, nella cattedrale luterana di Lund, il 31 ottobre 2016. In tale occasione, il Santo Padre e il Vescovo Munib Younan, Presidente della Federazione Luterana Mondiale, hanno affermato con franchezza, nella loro Dichiarazione comune: “Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa.”[5] Con queste parole hanno espresso ciò che oggi, da un punto di vista ecumenico, è possibile affermare insieme sulla Riforma del XVI secolo. Gli aspetti principali sono dunque, da un lato, la gratitudine per tutto ciò che la Riforma ha portato di positivo a livello di visione teologica e per quello che luterani e cattolici possono testimoniare oggi congiuntamente, e, dall’altro, il riconoscimento delle proprie colpe ed il pentimento alla luce del fatto che la Riforma del XVI secolo non condusse allora al rinnovamento della Chiesa, ma alla sua divisione. Nel corso della ricerca ecumenica è emerso con crescente chiarezza che anche e precisamente Martin Lutero non mirava assolutamente alla rottura con la Chiesa cattolica e alla fondazione di una nuova Chiesa, ma al rinnovamento di tutta la cristianità nello spirito del Vangelo, come ha più volte ribadito l’ecumenista protestante Wolfhart Pannenberg: “Lutero voleva una riforma dell’intera cristianità; il suo obiettivo era tutt’altro che una Chiesa luterana separata.”[6] Ed alla luce del fatto storico che l’obiettivo riformatore di Martin Lutero non poté essere allora realizzato secondo la sua intenzione originaria e che, invece, sorsero Chiese protestanti separate dalla Chiesa cattolica, Pannenberg è giunto alla conclusione che tale sviluppo non può essere considerato come il “successo” della Riforma, poiché il vero successo della Riforma consisterà piuttosto nel superamento delle divisioni e nella ricomposizione dell’unità della Chiesa rinnovata nello spirito del Vangelo[7]. Pertanto, l’obiettivo della ricerca ecumenica dell’unità dei cristiani coincide con la realizzazione della Riforma stessa, a favore della quale cattolici e luterani devono impegnarsi in ugual misura. Sforzarsi di ristabilire l’unità in modo nuovo era il senso profondo della Commemorazione comune della Riforma celebrata nella città svedese di Lund, alla quale Papa Francesco ha preso parte con grande entusiasmo. Tale evento è stato essenzialmente preparato grazie al documento che, stilato dalla Commissione luterano-cattolica per l’unità, ha un titolo eloquente: “Dal conflitto alla comunione”[8]. Già il titolo suggerisce che una commemorazione comune della Riforma deve prendere sul serio, in ugual misura, sia il conflitto che la comunione e, soprattutto, deve contribuire al progresso di luterani e cattolici sul cammino che dal conflitto conduce alla comunione.

Il secondo evento significativo nel quale Papa Francesco ha promosso energicamente la ricomposizione dell’unità dei cristiani è stata la visita resa al Consiglio Ecumenico della Chiese a Ginevra il 21 giugno 2018, in occasione del 70.mo anniversario della sua istituzione. In tale circostanza, il Papa ha posto una forte enfasi sul tema del pellegrinaggio e del cammino. Nella convinzione che l’unità cresce cammin facendo e che l’essere in cammino insieme significa già vivere l’unità, Papa Francesco ha calorosamente esortato i diversi cristiani e le diverse comunità ecclesiali a progredire verso l’unità, camminando, pregando e lavorando insieme: “Ecco la nostra strada maestra di oggi”. In maniera altrettanto appassionata, egli ha anche ricordato di essersi recato a Ginevra come “pellegrino in cerca di unità e di pace”: “Questa strada ha una meta precisa: l’unità. La strada contraria, quella della divisione, porta a guerre e distruzioni. Basta leggere la storia. Il Signore ci chiede di imboccare continuamente la via della comunione, che conduce alla pace. La divisione, infatti, «si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (Unitatis redintegratio, 1). Il Signore ci chiede unità; il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità.”[9]

Un terzo evento significativo dal punto di vista ecumenico è l’incontro di preghiera tenutosi a Bari il 7 luglio 2018, al quale Papa Francesco ha invitato tutti i Patriarchi del Medio Oriente. Questa iniziativa si è articolata in due parti: innanzitutto, vi è stata una riunione comune per pregare per la cessazione degli scontri violenti e per la pace in Medio Oriente, ed, in secondo luogo, una sessione di dialogo lunga ed intensa, nella quale tutti i partecipanti erano seduti intorno ad una tavola rotonda. La città di Bari è stata scelta appositamente in quanto “finestra spalancata sul vicino Oriente”, come ha affermato Papa Francesco. In tale occasione, il Santo Padre ha espresso la grande preoccupazione che, nel Medio Oriente, “la presenza dei nostri fratelli e sorelle nella fede sia cancellata”, aggiungendo che “un Medio Oriente senza cristiani non sarebbe Medio Oriente”[10]. La preoccupazione è stata poi seguita, sempre nelle parole di Papa Francesco, da questo fervido auspicio: “il Medio Oriente non sia più un arco di guerra teso tra i continenti, ma un’arca di pace accogliente per i popoli e le fedi”[11]. Con l’incontro di preghiera e di dialogo svoltosi a Bari per i cristiani sofferenti e perseguitati del Medio Oriente, il Santo Padre ha voluto richiamare nuovamente l’attenzione su una dimensione ecumenica a lui particolarmente cara, ovvero l’ecumenismo dei martiri, “l’ecumenismo del sangue” secondo la sua espressione. Di fatti, il sangue versato oggi per Cristo da così tanti cristiani appartenenti a Chiese diverse non ci divide, noi cristiani, ma ci unisce. Come la Chiesa primitiva era convinta che il sangue dei martiri sarebbe diventato seme di nuovi cristiani, così anche noi dobbiamo serbare la speranza che il sangue di così tanti cristiani del nostro tempo un giorno diventerà seme della piena unità del Corpo di Cristo, ferito dalle innumerevoli divisioni della Chiesa. Dobbiamo rimanere fiduciosi del fatto che, per il sangue versato nella fede dai tanti cristiani, siamo già diventati una cosa sola. Nell’ecumenismo del sangue va ravvisato il segno più eloquente dell’ecumenismo odierno, che ci mette di fronte alla domanda inquietante formulata da Papa Francesco: “Se il nemico ci unisce nella morte, chi siamo noi per dividerci nella vita?”[12] Non è infatti uno scandalo che i persecutori dei cristiani abbiano a volte una visione ecumenica più chiara di quella di noi stessi cristiani? Essi sanno che noi cristiani siamo indissociabilmente legati tra di noi. È per questo che, nell’ecumenismo del sangue, traspare con particolare evidenza l’urgenza esistenziale della ricerca dell’unità della Chiesa.

 

2. Gli sviluppi recenti dei dialoghi ecumenici

Nell’impegno ecumenico di Papa Francesco, si mostrano varie forme di ecumenismo.[13] In primo luogo, va menzionato l’ecumenismo spirituale, alla cui base vi è la convinzione di fede che noi uomini non possiamo fare l’unità, né definirne la forma o il tempo di realizzazione, ma possiamo solo riceverla in dono, come ha ripetutamente sottolineato il Santo Padre: “La nostra unità non è primariamente frutto del nostro consenso, o della democrazia dentro la Chiesa, o del nostro sforzo di andare d’accordo, ma viene da Lui che fa l’unità nella diversità, perché lo Spirito Santo è armonia, sempre fa l'armonia nella Chiesa.”[14] La migliore preparazione alla ricezione dell’unità quale dono dello Spirito Santo è la preghiera per l’unità. L’ecumenismo spirituale si dimostra credibile solo se viene accompagnato da quell’altra forma di ecumenismo chiamata ecumenismo pratico, il quale si concretizza partendo dalla convinzione che dobbiamo fare insieme tutto ciò che possiamo fare insieme. Il suo presupposto basilare è l’ecumenismo della carità, della fraternità e dell’amicizia, che esorta soprattutto alla riconciliazione tra le Chiese. Soltanto nello spazio vitale del dialogo della carità è possibile anche l’ecumenismo della verità, ovvero la discussione teologica su quei fattori che sono tuttora causa di divisioni nella Chiesa. Il dialogo teologico della verità è affidato in modo particolare al Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Qui di seguito, si accennerà agli sviluppi recenti dei dialoghi teologici condotti da questo Consiglio.

 

a) Il dialogo con le Chiese ortodosse orientali

Le Chiese ortodosse orientali, tra le quali figurano i copti, gli armeni, i siri, gli etiopi e i malankaresi, si separarono dalla Chiesa dell’impero già nel V secolo, non avendo accolto le decisioni dottrinali sulla cristologia prese dal Concilio di Efeso e soprattutto dal Concilio di Calcedonia nel 451, secondo le quali Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, è una persona in due nature. Dato che queste divisioni all’interno della Chiesa s’imperniavano sulla professione di fede cristologica e, dunque, sul fulcro della fede cristiana, si può facilmente comprendere perché le prime questioni affrontate nei dialoghi con le Chiese ortodosse orientali siano state questioni cristologiche. I dialoghi teologici sono tuttavia giunti all’incoraggiante conclusione che la controversia scaturiva essenzialmente da un problema terminologico, nel senso che si impiegarono concetti filosofici diversi di persona e di natura, ma si voleva in fondo testimoniare la stessa fede ecclesiale in Cristo. Partendo da questa base teologica, già nel 1984 Papa Giovanni Paolo II ed il Patriarca siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, Ignatius Zakka I Iwas, affermarono in una dichiarazione comune che “le confusioni e gli scismi avvenuti tra le loro Chiese nei secoli successivi in nessun modo intaccano o toccano la sostanza della loro fede, poiché tali confusioni e scismi avvennero solo a causa di differenze nella terminologia, nella cultura e nelle varie formule adottate da differenti scuole teologiche per esprimere lo stesso argomento”[15].

Grazie a questi sviluppi positivi, è stato possibile istituire, nel 2003, una commissione teologica tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, che ha già prodotto due importanti documenti. Nel 2009, la Commissione ha pubblicato un documento comune intitolato “Natura, costituzione e missione della Chiesa”[16]; in seguito, si è concentrata sul tema della Chiesa come communio e sulla comunicatio nelle Chiese nei primi cinque secoli della storia della Chiesa. Nella fase attuale, la terza, sono all’esame questioni attinenti alla teologia dei sacramenti. La prossima plenaria, prevista nel febbraio 2019, si occuperà del sacramento del matrimonio, tematica non facile, poiché la teologia al riguardo è molto diversa in Occidente ed in Oriente: mentre, secondo la teologia occidentale, i due coniugi amministrano il sacramento del matrimonio e l’assistenza del sacerdote o del diacono è importante dal punto di vista della validità canonica, secondo la teologia orientale, la benedizione del sacerdote è costitutiva per il sacramento del matrimonio.

La Chiesa assira dell’Oriente non appartiene alla famiglia delle Chiese ortodosse orientali, poiché è considerata proprio da alcune di queste come una Chiesa nestoriana. Con essa, pertanto, la Chiesa cattolica conduce un dialogo a se stante. L’anno passato è stato possibile produrre un documento comune sulla vita sacramentale. Quest’anno, la Commissione ha avviato una nuova fase di dialogo, dedicata a questioni attinenti all’ecclesiologia. Alla plenaria della Commissione era presente il Patriarca assiro Mar Gewargis III, che è stato ricevuto in udienza da Papa Francesco il 9 novembre scorso.

 

b) Il dialogo con le Chiese ortodosse

Con le Chiese ortodosse è stato possibile realizzare un grande passo avanti durante la plenaria della Commissione Mista Internazionale riunitasi a Ravenna nel 2007, con la pubblicazione del documento “Conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Communio ecclesiale, conciliarità e autorità”[17]. In questo documento, si afferma che sinodalità e primato sono interdipendenti e che la Chiesa ha bisogno di un protos a tutti i livelli. Per il fatto che ortodossi e cattolici sono pervenuti a dichiarare insieme che ciò è necessario anche al livello universale della Chiesa, il documento di Ravenna può essere considerato come una pietra miliare nel dialogo ortodosso-cattolico. Da allora, la Commissione teologica sta esaminando la questione del rapporto tra sinodalità e primato e, all’interno di questo più ampio contesto, si occuperà dell’importanza e della missione del Vescovo di Roma in una futura comunione delle Chiese.

Dopo una fase lunga e difficile, durante la plenaria tenutasi a Chieti nel 2016 è stato possibile approvare un nuovo documento sul rapporto tra sinodalità e primato durante il primo millennio. Nel settembre del 2017, il Comitato di coordinamento della Commissione Mista Internazionale ha programmato il lavoro futuro. Poiché l’unità nella fede è il presupposto dell’unità ecclesiale e della comunione eucaristica, è stato deciso che il dialogo futuro s’incentrerà sul tema seguente: “Sul cammino verso l’unità nella fede: questioni teologiche e canoniche”. In tale contesto, sarà necessario sia fare il punto dei risultati conseguiti finora dal dialogo, sia riconoscere le questioni teologiche e canoniche che andranno superate per ritrovare l’unità nella fede tra ortodossi e cattolici. In questa lista, la prima questione che dovrà essere affrontata è: “Primato e sinodalità, nel secondo millennio e oggi.” Accanto a varie altre problematiche, verrà esaminato, in questo più ampio contesto, anche il cosiddetto “uniatismo”. Durante la riunione del Comitato di coordinamento del novembre 2018, è stato valutato il testo sopra citato, preparato da una sottocommissione mista. Non essendo compito facile pervenire ad una lettura comune della storia del secondo millennio, avremo bisogno di una seconda riunione del Comitato di coordinamento, prevista nel novembre 2019, per valutare nuovamente la versione rivista del testo.

Quest’anno, i lavori del Comitato di coordinamento sono stati offuscati dal fatto che, a causa del pesante conflitto tra il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ed il Patriarcato russo-ortodosso di Mosca in riferimento alla situazione in Ucraina, la Chiesa ortodossa russa ha rifiutato di partecipare al dialogo. Attualmente, e non solo per tale motivo, non è prevedibile quando si potrà giungere ad un solido consenso sulla delicata questione del primato, che finora ha ostacolato la comunione ecclesiale. Poiché le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica sono, tra tutte le Chiese cristiane, quelle più vicine, esse hanno, in modo particolare, il compito di intraprendere i passi necessari per ripristinare la Chiesa una ed indivisa in Oriente ed in Occidente, rafforzandola nella comunione eucaristica. Di fatti, la carità ecclesiale nuovamente trovata dovrà sfociare nell’agape eucaristica.

 

c) Il dialogo con le Chiese nate dalla Riforma

Tra i vari dialoghi che la Chiesa cattolica conduce con le Chiese nate dalla Riforma, il dialogo con la Federazione Luterana Mondiale occupa un posto particolare. Non solo è il primo dialogo allacciato dalla nostra Chiesa subito dopo la conclusione del Concilio Vaticano Secondo, ma si è anche dimostrato molto fruttuoso negli ultimi cinquant’anni. Un passo decisivo verso una maggiore comunione ecclesiale è stato compiuto con la Dichiarazione Congiunta sulla dottrina della giustificazione, firmata il 31 ottobre 1999 ad Augsburg dalla Federazione Luterana Mondiale e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.[18] Sulla questione centrale che aveva condotto alla Riforma e, di conseguenza, alla divisione nella Chiesa nel XVI secolo, è stato raggiunto, con questa Dichiarazione, un ampio consenso teologico, che può essere considerato come una vera e propria pietra miliare dell’ecumenismo. La sua importanza è stata evidenziata anche dal fatto che, nel frattempo, metodisti e riformati hanno aderito ad essa e gli anglicani l’hanno approvata. È nostra intenzione, durante un incontro programmato negli Stati Uniti nel marzo 2019, individuare i nuovi passi da intraprendere in futuro, riflettendo proprio sull’incoraggiante condivisione di questa Dichiarazione Congiunta da parte della Chiesa cattolica e di ben quattro delle Comunità ecclesiali nate dalla Riforma.

La Dichiarazione Congiunta sulla dottrina della giustificazione riconosce comunque che, con il consenso raggiunto, le conseguenze ecclesiologiche non sono state ancora chiarite. Ciò significa concretamente che adesso, tra le priorità del dialogo ecumenico con le Chiese e le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma, deve figurare il chiarimento teologico del concetto di Chiesa. Alla luce di ciò, ho suggerito che luterani e cattolici comincino a lavorare alla redazione di una nuova dichiarazione comune sulla Chiesa, sull’eucaristia e sul ministero.[19] Con gratitudine ho costatato che tale proposta è stata già accolta favorevolmente: il dialogo cattolico-luterano negli Stati Uniti ha già prodotto un documento sul tema, intitolato “Declaration on the Way: Church, Ministry, and Eucharist”[20], ed anche la Commissione luterano-cattolica in Finlandia ha pubblicato i risultati del suo dialogo ecumenico in un testo dal titolo “Communion in Growth. Declaration on Church, Eucharist and Ministry”[21]. Un nuovo gruppo di dialogo, che dovrà essere costituito e che comprenderà rappresentanti della Federazione Luterana Mondiale e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, avrà il compito di programmare il lavoro futuro. Se riusciremo a stilare e ad approvare una Dichiarazione sulla Chiesa, sull’eucaristia e sul ministero, analoga alla Dichiarazione Congiunta sulla dottrina della giustificazione, compiremo un passo decisivo verso la visibile comunione ecclesiale, la quale è e deve essere l’obiettivo a cui puntare anche nel dialogo con le Chiese e le Comunità ecclesiali nate dalla Riforma.

Va inoltre menzionato il fatto che, lo scorso settembre, durante una celebrazione liturgica ecumenica a Basilea, è stata firmata una dichiarazione d’intenti dalla Comunità delle Chiese Evangeliche in Europa e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al fine di avviare un dialogo ufficiale sulle questioni fondamentali relative all’ecclesiologia e alla comunione di Chiese. Si tratta di una nuova forma di dialogo ecumenico. Finora, infatti, la Chiesa cattolica ha condotto principalmente dialoghi bilaterali al livello universale con le Alleanze confessionali mondiali. Per la prima volta, con la Comunità delle Chiese Evangeliche in Europa, sarà portato avanti un dialogo multilaterale sul piano regionale, ovvero europeo, e con una Comunità che raggruppa diverse Chiese della Riforma. Questo nuovo dialogo è motivato anche dal fatto che la Comunità delle Chiese Evangeliche in Europa rappresenta un’incoraggiante alternativa, da apprezzare e da appoggiare, all’interno del protestantesimo mondiale, caratterizzato da crescenti frammentazioni, da svariati processi di divisione e, dunque, da una scarsità di sforzi tesi verso una maggiore unità interna.

 

3. Sfide vecchie e nuove nell’attuale situazione ecumenica

La costatazione, più sopra menzionata, che la divisione nella Chiesa nel XVI secolo ha condotto, col tempo, a ulteriori e crescenti divisioni, rendendo il mondo protestante sempre più differenziato al suo interno e simile ad un confuso pluriverso di Chiese e di Comunità ecclesiali, significa che nel frattempo la geografia mondiale della cristianità è profondamente mutata e la situazione ecumenica è diventata molto meno trasparente. Tutto ciò solleva nuove sfide. Qui di seguito, menzionerò brevemente le tre più importanti.

 

a) Nuove controversie ecumeniche in campo etico

Negli scorsi anni e decenni, sono affiorate nel paesaggio ecumenico enormi tensioni e divergenze in campo etico, soprattutto in riferimento a questioni di bioetica e a temi etici legati al matrimonio, alla famiglia e alla sessualità nell’orizzonte dell’odierno “gender-mainstream”. Tutto ciò rappresenta una nuova sfida. Verso la fine del secolo scorso, si usava dire che la fede divideva e l’azione univa; oggi invece si osserva quasi l’opposto: mentre i dialoghi ecumenici sono riusciti in parte a superare vecchie controversie di fede tra le varie confessioni o, quantomeno, a elaborare convergenze, oggi le più grandi differenze che emergono riguardano questioni etiche.

Tali sviluppi mettono l’ecumenismo cristiano davanti a una sfida considerevole. Di fatti, se le Chiese e le Comunità cristiane non riescono a parlare con una sola voce sulle grandi tematiche etiche della vita umana e della coesistenza sociale, la voce cristiana sarà sempre più fioca all’interno del mondo secolarizzato e ciò nuocerà alla credibilità dell’ecumenismo cristiano nella vita pubblica odierna. L’ecumenismo cristiano deve occuparsi dunque anche delle questioni etiche, cercando di pervenire a nuovi consensi. Di questo importante compito si fa carico in modo particolare il dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e la Comunione Anglicana Mondiale (ARCIC), oltre ad occuparsi del tema altrettanto rilevante della Chiesa quale comunione locale e universale.

 

b) La comparsa di nuovi partner ecumenici

Un secondo cambiamento fondamentale nel paesaggio ecumenico consiste nella comparsa di nuovi partner di dialogo. Nell’ecumenismo mondiale, gli incontri e i dialoghi oggi non avvengono più soltanto tra le grandi Chiese storiche soprattutto dell’Occidente, ma anche e in maniera crescente con molte nuove comunità e con molti nuovi movimenti cristiani, principalmente in ambito protestante.  Di particolare importanza, al riguardo, è la crescita rapida e numericamente forte di gruppi evangelicali e carismatici e di movimenti pentecostali nell’emisfero sud, come pure in altri continenti, nel frattempo.[22] Soprattutto il pentecostalismo, con i suoi 400 milioni di seguaci, rappresenta, in termini numerici, la seconda comunità cristiana più grande dopo la Chiesa romano-cattolica. Si tratta di un fenomeno in così ampia espansione che è lecito parlare oggi di una “pentecostalizzazione del mondo cristiano” e ravvisarvi una nuova “quarta forma fondamentale dell’essere cristiani”, accanto alle Chiese ortodosse ed ortodosse orientali, alla Chiesa cattolica ed alle Chiese e Comunità cristiane nate dalla Riforma.[23]

Da ciò è facile comprendere che, nei dialoghi ecumenici con questi nuovi movimenti, all’ordine del giorno figurino al primo posto temi diversi rispetto a quelli affrontati nei dialoghi con le grandi Chiese storiche. Così, il dialogo tra il nostro Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ed i pentecostali si è occupato del significato spirituale e delle implicazioni pastorali dei carismi nella Chiesa. Ma un argomento di particolare rilievo che deve essere studiato in questi dialoghi è soprattutto il concetto di unità che ispira questi nuovi movimenti cristiani e le conseguenze che ne derivano per la definizione dell’obiettivo dei dialoghi ecumenici condotti con loro. Dopo che, nel corso degli ultimi anni e decenni, abbiamo affrontato la questione fondamentale della ricerca dell’unità quale obiettivo del movimento ecumenico, ponendo al centro delle nostre riflessioni le grandi Chiese storiche, il tempo è maturo per rivolgere oggi la nostra attenzione in maniera esplicita ai gruppi e ai movimenti carismatici, evangelicali e pentecostali, dunque alla parte di cristianità che, senza dubbio, ha registrato la crescita più dinamica all’inizio del XXI secolo, al fine di conoscerla meglio e di chiederci cosa significhino queste realtà ecumeniche per la nostra ricerca dell’unità dei cristiani. A questa sfida abbiamo dedicato la plenaria di quest’anno del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, intitolata: “Pentecostali, carismatici ed evangelicali: impatto sul concetto di unità”.

 

c) La mancanza di un consenso sull’obiettivo del movimento ecumenico

Alla comparsa di nuovi partner nei dialoghi ecumenici è legata un’ulteriore sfida, ovvero il fatto che l’obiettivo del movimento ecumenico è diventato sempre più confuso rispetto agli inizi. La sfida di base nella situazione ecumenica odierna è rappresentata da una duplice realtà: da un lato, nelle fasi del movimento ecumenico succedutesi finora, è stato possibile pervenire a consensi ampi e incoraggianti su molte delle questioni controverse relative alla comprensione della fede ed alla struttura teologica della Chiesa. Dall’altro lato, però, la maggior parte delle divergenze tuttora esistenti continuano a dipendere, come nel passato, da concezioni diverse dell’unità ecumenica della Chiesa. In questo duplice fenomeno va ravvisato oggi il vero e proprio paradosso del movimento ecumenico, di cui il Vescovo Paul-Werner Scheele offre una diagnosi precisa: “Si è in accordo sul perché dell’unità e in disaccordo su quale unità.”[24]

La difficoltà si acutizza per il fatto che la ricerca ecumenica dell’unità della Chiesa è esposta oggi, nello spirito del tempo divenuto pluralistico e relativistico in maniera ormai diffusa, ad un forte vento contrario. A differenza di quanto afferma la tradizione cristiana, nella quale, conformemente all’assioma teologico “ens et unum convertuntur”, l’unità è concepita come senso e fondamento della realtà, oggi il pluralismo è diventato il concetto base decisivo nella percezione della cosiddetta esperienza postmoderna della realtà. Secondo il saggio ormai famoso di Jean-François Lyotard “La condition postmoderne”, il postmoderno è quel pensiero che afferma la pluralità e sospetta di ogni realtà al singolare. Il presupposto di fondo della mentalità postmoderna, per la quale ogni ricerca di unità appare pre-moderna e antiquata ed ogni concetto di unità deve essere abbandonato per principio, ha iniziato a farsi strada anche all’interno dell’attuale pensiero ecumenico, e soprattutto in un pluralismo ecclesiologico diventato ormai plausibile, secondo il quale proprio la pluralità e la diversità delle Chiese è vista come una realtà positiva ed ogni ricerca di unità della Chiesa è guardata con sospetto.

Come fatale conseguenza di questo pensiero ecumenico, si dà per scontata la pluralità permanente di varie realtà ecclesiali cristiane e si considera illusoria la ricerca della ricomposizione dell’unica Chiesa di Gesù Cristo. Di fronte a ciò, nell’odierna situazione ecumenica siamo tenuti a ricordare che l’unità è e rimane una categoria fondamentale della fede cristiana, come sottolinea San Paolo nella lettera agli Efesini, esortando spiritualmente tutti i battezzati a preservare l’unità nella Chiesa e l’unità della Chiesa: “Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,4-6). Quanto seriamente Paolo intenda questo appello lo si capisce già dal fatto che egli scrive dalla prigione, dove è incarcerato “a motivo del Signore” (4,1). In una situazione di tale difficoltà, infatti, non ci si occupa di cose secondarie o di scarsa importanza, ma si esprime ciò che di più urgente si ha in animo. In questo stesso spirito di Paolo, noi cristiani dobbiamo avere oggi il coraggio e l’umiltà di guardare in faccia lo scandalo persistente della divisione dei cristiani e di mantenere sveglia, con amorevole tenacia, la questione ecumenica fondamentale della ricerca dell’unità dei cristiani.

 

[1] Intervento durante la riunione degli operatori nel campo pastorale della Chiesa cattolica, ad Istanbul il 1 dicembre 2018.

[2] Unitatis redintegratio, n. 5.

[3] CCEO, can. 902.

[4] CIC, can. 383 § 3.

[5] Dichiarazione comune in occasione della commemorazione comune cattolico-luterana della Riforma, il 31 ottobre 2016.

[6] W. Pannenberg, Problemgeschichte der neueren evangelischen Theologie in Deutschland (Göttingen 1997) 25.

[7] W. Pannenberg, Reformation und Einheit der Kirche, in: Ders., Ethik und Ekklesiologie. Gesammelte Aufsätze (Göttingen 1977) 254-267, zit. 255.

[8] Vom Konflikt zur Gemeinschaft. Gemeinsames lutherisch-katholisches Reformationsgedenken im Jahr 2017. Bericht der Lutherisch / Römisch-katholischen Kommission für die Einheit (Leipzig – Paderborn 2013).

[9] Francesco, Discorso durante la Preghiera ecumenica al Centro Ecumenico del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra, il 21 giugno 2018.

[10] Francesco, Monizione introduttiva alla preghiera ecumenica per la pace a Bari, il 7 luglio 2018.

[11] Francesco, Parole a conclusione del dialogo a Bari, il 7 luglio 2018.

[12] Francesco, Discorso al Movimento del Rinnovamento nello Spirito, il 3 luglio 2015.

[13] Vgl. H. Destivelle, Le pape Francois: un oecuménisme en chemin, dans: Idem, Conduis-la vers l´unité parfaite. Oecuménisme et synodalité (Paris 2018) 115-152.

[14] Francesco, Discorso durante l’udienza generale del 25 settembre 2013.

[15] Erklärung von Papst Johannes Paul II. und dem syrisch-orthodoxen Patriarchen von Antiochien und dem Ganzen Osten, Ignatius Zakka I. Iwas, zu gegenseitigen pastoralen Hilfen 23. Juni 1984, in: H. Meyer, D. Papandreou, H. J. Urban, L. Vischer (Hrsg.), Dokumente wachsender Übereinstimmung. Band 2: 1982-1990 (Paderborn – Frankfurt a. M. 1992) 571-574.

[16] Dokumentiert in: J. Oeldemann – F. Nüssel – U. Swarat – A. Vletsis (Hrsg.), Dokumente wachsender Übereinstimmung. Sämtliche Berichte und Konsenstexte Interkonfessioneller Gespräche auf Weltebene. Band 4: 2001-2010 (Paderborn – Leipzig  2012) 849-868.

[17] Dokumentiert in: J. Oeldemann  - F. Nüssel – U. Swarat – A. Vletsis (Hrsg.), Dokumente wachsender Übereinstimmung. Sämtliche Berichte und Konsenstexte Interkonfessioneller Gespräche auf Weltebene. Band 4: 2001-2010 (Paderborn – Leipzig 2012) 833-848.

[18] Dokumentiert in: H. Meyer / D. Papandreou / H. J. Urban / L. Vischer (Hrsg.), Dokumente wachsender Übereinstimmung. Band 3: 1990-2001 (Paderborn – Frankfurt a. M. 2003) 419-441.

[19] K. Koch, Auf dem Weg zur Kirchengemeinschaft. Welche Chance hat eine gemeinsame Erklärung zu Kirche, Eucharistie und Amt? in: Catholica 69 (2015) 77-94.

[20] Bishop’s Committee for Ecumenical and Interreligious Affairs – United States Conference of Catholic Bishops and Evangelical Lutheran Church in America, Declaration on the Way: Church, Ministry and Eucharist (2015).

[21] Communion in Growth. Declaration on the Church, Eucharist, and Ministry. A Report from the Lutheran-Catholic Dialogue-Commission for Finland (Helsinki 2017).

[22] Vgl. J. Müller – K. Gabriel (Eds.), Evangelicals, Pentecostal Churches, Charismatics. New religious mouvements as a challenge for the Catholic Church (Quezon 2015).

[23] M. Eckholt, Pentekostalismus: Eine neue „Grundform“ des Christseins. Eine theologische Orientierung zum Verhältnis von Spiritualität und Gesellschaft, in: T. Kessler / A.-P. Rethmann (Hrsg.), Pentekostalismus. Die Pfingstbewegung als Anfrage an Theologie und Kirche = Weltkirche und Mission. Band 1 (Regensburg 2012)  202-225, zit. 202.

[24] P.-W. Scheele, Ökumene – wohin? Unterschiedliche Konzepte kirchlicher Einheit im Vergleich, in: St. Ley, I. Proft, M. Schulze (Hrsg.), Welt vor Gott. Für George Augustin (Freiburg i. Br. 2016) 165-179, zit. 165.